La nuova traduzione de “La Compagnia dell’Anello”, o del perché c’è molto da imparare da alcuni personaggi di Tolkien (prima parte)

 

Dopo settimane e settimane di lavorazione, finalmente inizio a rendere pubbliche le mie riflessioni e analisi su quello che, all’interno del fandom tolkieniano, si è rivelato il tema più caldo dell’autunno: l’uscita della nuova traduzione italiana de “La Compagnia dell’Anello”, che ha alzato un vero e proprio polverone, suscitando polemiche di ogni sorta.

Come ho avuto occasione di sottolineare non troppo tempo fa, a me non interessa cavalcare l’onda o fare visualizzazioni – quindi avrei potuto benissimo tacere, scegliendo di non pronunciarmi in alcun modo sulla questione. Tuttavia, mi trovo in una situazione in cui sento che parlare il prima possibile è la cosa giusta, per amore verso l’opera tolkieniana e per rispetto nei confronti di chi, come me, vorrebbe semplicemente leggere “Il Signore degli Anelli” in pace… poco importa in quale versione.

Prima di iniziare, voglio fare tre premesse necessarie:

  1. non sono una traduttrice, dunque mi limiterò alle osservazioni che mi sono permesse da un utilizzo meticoloso dei dizionari, dalla mia modesta conoscenza dell’inglese e dalla mia conoscenza – un po’ meno modesta – dell’italiano;
  2. per scrivere questo articolo, oltre a leggere la nuova traduzione de “La Compagnia dell’Anello”, sto facendo il confronto di alcuni capitoli – passo per passo –  sia con la vecchia traduzione che con la versione originale, e sto raccogliendo varie informazioni utili, grazie agli interventi fatti su Internet da persone che leggono Tolkien direttamente in inglese e hanno esperienze professionali di traduzione;
  3. non faccio parte di alcuna associazione tolkieniana, non mi trovo vicina a una di esse in alcun modo e mai ho pensato, anche solo per un istante, di associare “Il Signore degli Anelli” a una qualche ideologia politica, men che meno a quella più vicina alle mie convinzioni… perciò non porto acqua a nessun mulino. Se, tra coloro che mi leggono, ci sarà qualcuno che non riuscirà a capire il perché di questa terza premessa, si ritenga fortunato/a; ad ogni modo, suppongo che capirà qualcosa in più leggendo l’articolo.

Un’ultima precisazione: il mio blog è seguito anche da un’insegnante di lingue, eowynscudieradirohan, le cui eventuali critiche saranno più che bene accette.

Ecco, ora posso cominciare!

 

 

  • Come tutto ebbe inizio

Per quanto ne so, erano anni che nel fandom tolkieniano si discuteva sulla possibilità di tradurre nuovamente “Il Signore degli Anelli”. La versione italiana che tutti conosciamo è stata tradotta alla fine degli anni Sessanta da Vittoria “Vicky” Alliata di Villafranca, principessa siciliana, scrittrice e traduttrice; nel corso del tempo ha subìto alcune revisioni, per mano del curatore Quirino Principe e di alcuni membri della “Società Tolkieniana Italiana” (STI), la più longeva associazione nel nostro Paese in materia di studio e diffusione dell’opera di Tolkien. Una traduzione del tutto nuova non esisteva sul mercato fino a due mesi fa circa.

Tuttavia, già nell’aprile del 2018, la giornalista Loredana Lipperini aveva intervistato Ottavio Fatica, traduttore rinomato, che l’“Associazione Italiana Studi Tolkieniani” (AIST), ovvero quella “più giovane” tra le due più famose in Italia, aveva proposto alla casa editrice Bompiani per occuparsi di una nuova traduzione de “Il Signore degli Anelli”. Per quel che so, Bompiani ha interpellato l’AIST proprio per ricevere una consulenza sulla nuova traduzione e su chi avrebbe potuto farla; perciò l’AIST ha suggerito il nome di Ottavio Fatica, professionista riconosciuto, che di recente aveva ritradotto anche “Moby Dick”.

Il sito dell’AIST ha pubblicato prontamente l’intervista di Loredana Lipperini a Fatica. Ebbene, non posso dire di esserne rimasta completamente soddisfatta, quando l’ho letta più di un anno fa. L’idea della nuova traduzione mi sembrava molto buona… A non piacermi è stato l’atteggiamento di Fatica. Innanzitutto mi ha infastidita molto la sua affermazione quando, parlando de “Il Signore degli Anelli”, ha detto: “Questo è un grande libro, non un fantasy”. Perché, mi sono chiesta e mi chiedo, non può essere entrambe le cose? È vero, il capolavoro di Tolkien non è solo fantasy, è anche altro, ma ciò non significa che il fantasy non c’entri nulla con esso. E sì, un fantasy può essere un grande libro, senza per questo smettere di essere fantasy… ma pare che il signor Fatica non la pensi così. Pazienza, non sarà il primo né l’ultimo a guardare il genere fantasy con sufficienza. Passiamo oltre.

Riporto una parte dell’intervista (per chi volesse leggerla per intero, ecco il link):

“Per cominciare, tanto di cappello a una ragazza giovanissima [ovvero la vecchia traduttrice] che accettò un’impresa del genere: non avrei saputo farlo, alla sua età. E la sua traduzione possiede una virtù: è scritta in buon italiano, mentre oggi, nella maggior parte dei casi, si scrive in traduttorese, sul calco della lingua inglese. Detto questo, ha tutte le pecche di un’avventura improvvisata. Ma l’errore è stato soprattutto successivo, quando […] il libro venne finalmente preso sul serio e Quirino Principe rivide una prima volta la traduzione. Ecco, bisognava pur rendersi conto che non era possibile correggere cinquecento errori a pagina per millecinquecento pagine. Non c’è paragrafo mondo da lacune e sbagli”.

E ancora:

“Alliata toglie spesso l’inciso […]. Invece, aggiunge spiegazioni su spiegazioni. Diventa una parafrasi, decisamente brutta. Inoltre ha un suo curioso stilema: raddoppia gli aggettivi. Placido e tranquillo, rapido e veloce, crudeli e maligni dove l’originale era feroci. Sembra uno stilema di Tolkien, invece è il suo. Poi certo, lo legge un ragazzo in cerca di avventura e si appassiona lo stesso. Se a un giovane lettore dai una versione di duecento pagine di Guerra e pace lo ubriachi lo stesso, la forza mitopoietica è intatta: ma fossi stato un editor mi sarei almeno posto il problema”.

La traduzione di Vittoria Alliata è quindi, secondo Ottavio Fatica, un agglomerato di errori e imprecisioni che non rende giustizia al testo originale. Dopo certe affermazioni, mi riesce difficile credere che quel “tanto di cappello a una ragazza giovanissima” sia una lode sincera e non una frase di circostanza buttata lì. Peraltro Fatica ha detto cose non troppo diverse su Cesare Pavese, quando è uscita la nuova traduzione di “Moby Dick” (qui il link dell’intervista, pubblicata sul “Corriere della Sera”). Insomma, anche se non è arrivato agli estremi come con Vittoria Alliata, lo schema è quello: un elogio di circostanza, giusto per abbellire un po’ il discorso, e la stroncatura.

Personalmente trovo che sia legittimo criticare un/a collega, ma “cinquecento errori a pagina per millecinquecento pagine” non è una critica costruttiva, quanto piuttosto una provocazione gratuita – che, sommata a tutte le altre osservazioni emerse durante l’intervista con Lipperini, sortisce l’unico risultato di far passare la vecchia traduzione de “Il Signore degli Anelli” come un’opera inqualificabile, la cui unica attenuante è l’essere stata realizzata da una traduttrice giovanissima capace di scrivere in buon italiano.

Ad ogni modo, nonostante l’atteggiamento di Fatica non mi fosse piaciuto, di una cosa mi ero convinta: la vecchia traduzione doveva essere abbastanza mediocre e la nuova darebbe stata nettamente migliore. Sapevo che l’AIST stava seguendo Fatica nel suo lavoro, dandogli dei consigli, e sapevo che Fatica stava utilizzando la “Nomenclature of The Lord of the Rings” realizzata da Tolkien stesso come guida per la traduzione del suo capolavoro; ero relativamente serena, pronta ad accogliere con entusiasmo le novità, senza lasciarmi spaventare da un cambio dei nomi a cui ero affezionata.

 

 

  • Dispute ideologiche

Quando Vittoria Alliata di Villafranca è venuta a conoscenza delle affermazioni di Ottavio Fatica, lo ha querelato per diffamazione (qui ne ha parlato il professor Franco Cardini, in un articolo del suo blog). È stato questo, assieme alle polemiche sorte intorno al progetto della nuova traduzione, che presumibilmente ha portato Bompiani a rimandare l’uscita del primo volume – perché sin dall’inizio era stata prevista un’edizione in tre volumi separati, sia chiaro.

Vittoria Alliata, nel frattempo, ha rilasciato un’intervista a “Il Giornale” (qui il link). A proposito, so che ci sono alcune persone – almeno su Internet – che si rifiutano di leggere “Il Giornale”, oppure lo considerano inaffidabile a prescindere. Personalmente ritengo che, per maturare un giudizio completo, sia giusto ascoltare anche l’altra campana, come si suol dire… e questo a costo di leggere un quotidiano che di solito non si legge. Meglio un’informazione in più che una in meno!

Dicevo, Vittoria Alliata ha rilasciato un’intervista… che credo sia stata uno dei motori della polemica. Capisco che volesse spiegare i motivi di alcune sue scelte traduttive, prima fra tutte quella di utilizzare endiadi e dittologie dantesche, esprimendo così dei concetti grazie a coppie di sinonimi o di vocaboli i cui significati si completano reciprocamente”; ma trovo di cattivo gusto aver insinuato che Fatica non possa tradurre importanti autori il cui linguaggio si ispira a poemi epici e saghe medievali”, tacciandolo di ignoranza in materia di figure retoriche. Alliata, inoltre, non ha risparmiato altre strane frecciatine contro il collega, forse memore delle sue dichiarazioni al “Corriere della Sera” riguardo all’esaltazione dell’omosessualità, che secondo lui nessuno ha mai voluto vedere in “Moby Dick”. Ad ogni modo, va detto che le polemiche su “Il Signore degli Anelli” non risalgono alle recenti schermaglie tra Alliata e Fatica: in realtà esistono dispute ideologiche vecchie di molti anni. Non so dirvi granché in proposito, perché purtroppo – o per fortuna – non conosco i dettagli della questione. Quello che so è che, quando arrivò in Italia per la prima volta, l’opera di Tolkien fu considerata affine alle ideologie di destra: mentre la sinistra si limitava perlopiù a stroncarla, esponenti di destra estrema – principalmente giovani, se non sbaglio – videro in questo libro una comunanza con la propria visione del mondo e lo elessero simbolo delle proprie idee. In tutta onestà credo si sia trattato di un grosso abbaglio, che ha condotto queste persone a strumentalizzare un’opera che non ha alcun senso politicizzare… ma forse tornerò in futuro sull’argomento. Per ora vi basti sapere questo: anche il fatto di essere stato pubblicato dalla casa editrice Rusconi ha contribuito a cucire l’etichetta di libro fascista su “Il Signore degli Anelli”.

Ora torniamo a noi. Col tempo le cose sono cambiate e oggi esistono esponenti di sinistra che non solo si interessano apertamente agli scritti di Tolkien, ma li studiano in maniera approfondita: ne sono un esempio Roberto Arduini e Federico Guglielmi, alias Wu Ming 4, entrambi membri importanti dell’AIST. Dove sta il problema, allora? In teoria da nessuna parte. Nella pratica, invece, ci sono dispute tra l’AIST e la STI, portate avanti tirando in mezzo le varie ideologie e trascinando nel polverone la faccenda della nuova traduzione. Ovviamente ciò finisce per coinvolgere anche gente più o meno vicina alle associazioni… C’è chi dice che l’AIST voglia fare la guerra a chiunque non sia di sinistra e stia cercando di appropriarsi dell’opera tolkieniana; c’è chi dice che la STI odi l’AIST per partito preso e voglia il monopolio sulle interpretazioni del pensiero di Tolkien; c’è chi dice che sia tutta una faida e vuole starne fuori, eccetera. Non mi sembra uno scenario edificante; eppure, come persona che non conosce abbastanza questa intricata situazione, non posso permettermi di esprimere veri e propri giudizi. Posso parlare della traduzione e del clima che si è creato attorno a essa, però non so chi sia dalla parte del torto e chi dalla parte della ragione – sempre che ci sia torto assoluto e ragione assoluta, cosa di cui dubito fortemente – quando si tratta delle schermaglie fra le associazioni. Intuisco soltanto che l’AIST e la STI abbiano avuto e abbiano ancora dei contrasti, per prese di posizione che non mi sono del tutto chiare. Che l’AIST sia interamente di sinistra e la STI di destra non lo credo; piuttosto ho la sensazione che siano alcuni membri di punta delle rispettive associazioni a fissarsi sul discorso politico/ideologico. Ma è chiaro che non posso metterci la mano sul fuoco…

In tutto ciò, Ottavio Fatica e Vittoria Alliata avrebbero potuto non prendere posizione, dimostrandosi super partes. Bisogna riconoscere che Fatica, pur essendo stato vicino all’AIST durante questa esperienza della nuova traduzione, non ne fa comunque parte, né si è espresso in favore dell’una o dell’altra associazione. La mia impressione è che abbia cercato solo di fare il suo mestiere come meglio credeva, senza lasciarsi coinvolgere – almeno all’apparenza – nelle dispute tra l’AIST e la STI. Detto questo, poteva caldamente risparmiarsi certe esternazioni sulla vecchia traduzione.

Vittoria Alliata, al contrario, ha preso una posizione netta, bollando subito il progetto della nuova traduzione come un tentativo di rivestire Tolkien di ideologia e di “nuovismo”. Alliata pare anche essere appoggiata da esponenti della STI – e forse questo potrebbe essere motivato dalla loro collaborazione alla revisione della sua traduzione.

Questo è quanto sono riuscita a ricostruire in merito, attingendo informazioni un po’ dal sito dell’AIST e un po’ dalla pagina Facebook Tolkieniani Italiani”. Sono ben consapevole che il mio non è un resoconto efficace ed esaustivo… Diciamo che ho fatto un tentativo. Vorrei poi aggiungere che recentemente Ottavio Fatica – come anche Vittoria Alliata – ha parlato ancora della questione della traduzione. Dato che questa è solo la prima parte dell’articolo, è probabile che le ulteriori dichiarazioni del nuovo traduttore e della traduttrice storica verranno prese in esame nelle prossime parti.

 

 

  • Arriva la traduzione
Compagnia
La copertina della nuova edizione de “La Compagnia dell’Anello”

Nonostante le polemiche e il lungo ritardo, la nuova traduzione de “La Compagnia dell’Anello” è infine uscita: a partire dallo scorso trenta ottobre è stata distribuita nelle librerie italiane. In precedenza, l’AIST aveva pubblicato sulla sua pagina Facebook la versione del Poema dell’Anello di Ottavio Fatica. A dir la verità la poesia non mi aveva entusiasmata, eppure continuavo ad riporre la mia fiducia nel traduttore, nonostante le sgradevoli affermazioni sul lavoro della sua collega. Avevo fiducia anche nei membri dell’AIST… non perché ne conoscessi qualcuno di persona, ma semplicemente perché si tratta di gente che studia Tolkien e le sue opere. Per me non c’erano motivi per dubitare della buona riuscita del progetto e della buona fede dei soggetti coinvolti, nemmeno quando ho scoperto qualcosina in più sulle dispute tra associazioni tolkieniane. Partivo dal presupposto che questa traduzione sarebbe stata palesemente migliore della vecchia, perché – pur non prendendo sul serio la cosa dei cinquecento errori a pagina – trovavo plausibilissimo che Alliata avesse commesso molti sbagli, visto che quanto ha iniziato a tradurre “Il Signore degli Anelli” non era nemmeno maggiorenne. Per quanto potesse essere ferrata in inglese, doveva avere ancora poca esperienza come traduttrice… e poi non stiamo parlando certo di un libro semplice. Mi aspettavo che la traduzione di Fatica colmasse le varie lacune, indipendentemente dalle scelte riguardanti la nomenclatura. Peraltro l’AIST non si è dissociata dalle affermazioni del traduttore – e alcuni suoi membri hanno assicurato che, grazie a lui, la nuova versione italiana de “Il Signore degli Anelli” sarebbe stata molto più fedele all’originale, più rispettosa dello stile di Tolkien, nonché maggiormente scorrevole e accessibile rispetto alla vecchia. Più moderna, in un certo senso. Io ci avevo creduto, pregustando una lettura bellissima.

Eppure qualcosa, col tempo, ha iniziato a incrinarsi. Le anteprime – ne sono state fatte altre sul primo capitolo, dopo quella sulla Poesia dell’Anello – non hanno suscitato in me alcuna grande emozione, anzi. Ho cominciato a vedere scelte di traduzione discutibili, ad avere dubbi e perplessità. Avevo pianificato di comprare il libro in un secondo momento, a un prezzo più basso; ma ho capito che non riuscivo più ad aspettare, così ho messo mano al portafogli e ho speso i ventiquattro euro richiesti per l’acquisto di questa benedetta nuova versione.

Ammetto di aver saltato il prologo, dandovi solo una rapida scorsa e passando direttamente al primo capitolo. Mi sono resa conto subito che qualcosa non quadrava: la lettura non mi stava riservando le sensazioni e le emozioni positive che mi sarei aspettata. Naturalmente sono andata avanti lo stesso… e adesso credo di poter esprimere un giudizio, a maggior ragione dopo aver comprato Il Signore degli Anelli” in lingua originale (finalmente!).

Immaginiamo per un attimo che qualcuno venga da me a chiedere: “Mi consigli di comprare questa nuova traduzione?”

Ebbene, la mia risposta sarebbe un fermo, inequivocabile no.

Non consiglio di comprare questa traduzione, soprattutto a chi possiede già la vecchia: si tratterebbe semplicemente di un acquisto superfluo. Lasciamo un attimo da parte il fatto che il libro sia stato ritradotto e chiediamoci: questa nuova edizione de “La Compagnia dell’Anello” che aspetti positivi ha? È forse un’edizione di pregio? Direi di no: la copertina è una semplice fotografia del suolo di Marte – che poi cosa cavolo c’entri Marte con la Terra di Mezzo me lo devono ancora spiegare – e non ci sono illustrazioni all’interno del volume. Non c’è neppure una mappa… e dire che si poteva inserire almeno quella della Contea, visto che i primi capitoli sono ambientati lì. Tutto si riduce quindi a cercare di capire se, per un/a tolkieniano/a di vecchia data, valga la pena spendere ventiquattro euro per leggere un terzo della storia che già conosce e che adesso è stata ritradotta. Se la nuova traduzione fosse stata ciò che prometteva di essere, suppongo che ne sarebbe valsa la pena. Dal mio punto di vista, così non è… quindi perché spendere questi soldi? No, mi spiace, non mi sembra proprio il caso.

Per quanto riguarda le persone che si accosteranno adesso alla lettura, consiglierei di comprare un’edizione in volume unico, visto che in realtà “Il Signore degli Anelli” non è una trilogia, ma lo è diventata soltanto per motivi editoriali. Peraltro, se si eccettua l’edizione deluxe con le illustrazioni di Alan Lee, che costa cinquanta euro, si trovano tranquillamente versioni in volume unico che costano meno de “La Compagnia dell’Anello” tradotta da Fatica. Io punterei al risparmio, dato che la nuova traduzione tutta questa gran meraviglia non è… Senza contare che esistono persone che hanno visto i film, o comunque li conoscono un po’, ma non hanno ancora letto il libro; meglio per loro avere a che fare con un testo contenente nomi familiari.

Nel futuro le cose cambieranno, visto che usciranno “Le Due Torri” e “Il Ritorno del Re” tradotti da Fatica – e poi finalmente l’edizione in volume unico. Ciononostante, pensando al presente, questo è ciò che mi sento di dire, nel caso ci fosse ancora qualcuno che si sta chiedendo se comprare la nuova traduzione: non compratela. Certo, poi ognuno decide per sé e saprà fare le sue valutazioni personali. Per quello che vale, il mio consiglio l’ho dato.

Adesso iniziamo a esaminare più nel dettaglio i motivi che stanno dietro i miei giudizi e le mie convinzioni. Per semplificare, ho stilato un elenco di domande, sulla base di ciò che è stato detto dall’AIST e da Fatica sulla nuova traduzione – e sulla vecchia:

  1. La nuova traduzione è più fedele?
  2. La nuova traduzione è molto più scorrevole e restituisce freschezza al testo, mentre la vecchia ha troppi arcaismi gratuiti?
  3. Il raddoppio degli aggettivi nella vecchia traduzione rende il testo troppo pesante e barocco?
  4. La vecchia traduzione uniforma lo stile e rende impossibile distinguere i diversi registri linguistici di cui fa uso Tolkien, mentre la nuova traduzione risolve questo problema?

Ovviamente c’è pure la questione spinosissima dei nomi di luoghi e personaggi, della quale non so ancora bene come occuparmi, ma che almeno un cenno lo meriterebbe. È chiaro che non ho la verità in tasca e non potrò mai dare una risposta certa a ogni interrogativo. Per quel che mi è possibile, voglio comunque provare trovarla, qualche risposta. Cominciamo.

 

Punto 1 – La nuova traduzione è più fedele?

Metto subito le mani avanti: qui non posso rispondere né dicendo “è vero”, né dicendo “è falso”. La fedeltà, quando si tratta di traduzione, non è qualcosa di matematico… e questo lo dicono persone ben più competenti di me in materia. Da non esperta, posso comunque far presente che la versione di Fatica ha un pregio: essere tendenzialmente accurata nella scelta dei termini. Il nuovo traduttore è un tipo preciso – e si nota subito facendo un confronto, anche superficiale, con la versione originale scritta da Tolkien. Alliata, dal canto suo, si è presa maggiori libertà con il testo. Sia chiaro che nessuno dei due ha fatto una traduzione completamente letterale… ed è giusto così, perché ogni traduzione è sempre un compromesso tra l’efficacia nella lingua d’arrivo – nel nostro caso l’italiano – e il rispetto dei significati dell’originale. Tradurre tutto alla lettera non soltanto non è fattibile, ma risulta anche dannoso. Detto questo, se si dovesse stabilire quale sia la traduzione più letterale tra la versione di Alliata e quella di Fatica, la scelta ricadrebbe senza dubbio sulla seconda.

Questo rende la traduzione di Alliata infedele, senza se e senza ma? Direi di no. Innanzitutto, come ci sono delle ragioni dietro le scelte traduttive operate da Fatica, ce ne sono dietro quelle operate da Alliata. In secondo luogo, il giudizio sulla fedeltà della traduzione non può dipendere esclusivamente su quanto essa sia o non sia letterale. Eppure esiste gente che, per quanto riguarda la resa dei nomi tradotti, sostiene che il criterio di fedeltà debba basarsi sul numero di parole, pretendendo che sia uguale a quello della versione originale. Per esempio, sul Web c’è chi ha sostenuto che la scelta di Alliata di tradurre “Mirkwood” con “Bosco Atro” sia infedele, solo perché “Mirkwood” è un’unica parola e “Bosco Atro” no. Ora, finché una cosa del genere viene detta da una persona qualunque su Internet, e riceve una risposta che  giustamente evidenzia l’insensatezza di una simile pretesa… allora nessun problema. Il problema sorge, invece, quando è un traduttore a fare determinate osservazioni, per di più durante lo svolgimento di un evento culturale. Andatevi a cercare l’estratto del discorso di Fatica al Salone del Libro di Torino di maggio 2018 (che io ho ascoltato solo di recente, proprio mentre lavoravo a questo articolo): ha cominciato il suo intervento parlando del numero di righi di un certo paragrafo de “Il Signore degli Anelli”,  annunciando di averne contati otto nella versione originale, otto nella sua traduzione e dodici nella traduzione di Vittoria Alliata. Come a dire: avete visto, io seguo l’originale al millimetro!

Dopodiché Fatica ha iniziato a spiegare quante aggiunte ed errori abbia fatto Alliata in quel passaggio… e questo non mi infastidirebbe, intendiamoci, se la cosa fosse stata portata avanti in maniera equilibrata. Il punto è che Fatica non è stato equilibrato: per esempio, che Alliata abbia sbagliato traducendo “dovevamo” laddove sarebbe stato corretto tradurre “dovevo” è verissimo, com’è vero che “durante quei nove anni che passai lontano dalla Contea”** è una sua aggiunta (per essere precisi, nel testo di Tolkien c’è “when I was far away”, quindi semplicemente “quando/mentre ero lontano”); ma perché far passare “devo riconoscere”** e “posizione”** per mere aggiunte, quando chiunque mastichi un po’ d’inglese e prenda in mano la versione originale capisce che sono semplici esempi di traduzione più libera? In particolare, perdere tempo a puntualizzare che “posizione” non esiste nel testo originale è un cavillo bello e buono: Tolkien scrive “it was dangerous for you” e Alliata traduce con “la tua era una posizione pericolosa”**… Ha optato semplicemente per una resa meno letterale! Avrebbe potuto tradurre con “per te era pericoloso”, come Fatica? Sì, avrebbe potuto, ma sta di fatto che il senso della frase originale rimane. Se in un caso come questo bisogna criticare Alliata per aver aggiunto il termine “posizione”, in teoria anch’io potrei criticare Fatica per aver tradotto “for a year and a day” con “per il canonico anno e un giorno”°°, aggiungendo quindi “canonico”… oppure, riferendosi a Frodo trentatreenne, per aver tradotto “il giovane si affrettò seduta stante a perpetuare”°°, laddove l’originale è “he at once began to carry on” e fa quindi uso del pronome personale, senza accennare ad alcun giovane. Criticherei davvero elementi del genere? No, perché sarebbe ridicolo – e non c’è bisogno di avere una laurea in Interpretariato e Traduzione per rendersene conto. Allo stesso modo, trovo ridicola la pretesa di contestare l’operato di Alliata partendo da una cosa come il numero di righi: dopo aver letto entrambe le traduzioni del paragrafo preso in esame, sarebbe bastato spiegare quando e dove Alliata ha commesso errori e fatto delle aggiunte – perché effettivamente questo è successo e non sarò certo io a negarlo.

Non sono in grado di dare una risposta definitiva al problema della fedeltà, anche perché il mio lavoro d’analisi della traduzione è tutt’altro che terminato. Posso dire che Alliata, oltre a tradurre frasi e periodi in maniera meno letterale, ha una maggiore tendenza a cadere nell’errore e nell’imprecisione rispetto a Fatica; questo va sicuramente a sfavore della sua versione. La versione di Fatica, al contrario, ha un suo punto di forza nell’aderenza – spesso meticolosa – al testo originale… ma, per riprendere in parte un’osservazione non famosa di Albus Silente, i suoi scivoloni tendono a essere in proporzione più vistosi.

 

Punto 2 – La nuova traduzione è molto più scorrevole e restituisce freschezza al testo, mentre la vecchia aveva troppi arcaismi gratuiti? Falso, almeno in buona parte.

Sì, stavolta mi sono permessa di dare una risposta. È vero che Alliata ricorre più di una volta a termini antiquati o poco utilizzati, come “lungi”, “recondito” o “finanche”, laddove nella versione originale ci sono termini di uso più comune; ma, al di là di questo, la sua traduzione risulta complessivamente equilibrata, poiché determinate scelte stilistiche si mantengono costanti per tutta la narrazione.

Mi spiego meglio con un esempio. Alliata utilizza il pronome “egli”, che col tempo è diventato di uso sempre meno frequente in italiano, venendo sostituito da “lui”. In inglese questo problema non c’è, si dice “he” e basta: ora, a parte che Alliata traduceva più di cinquant’anni fa e che la sostituzione, pur essendo in atto da moltissimo tempo, non è avvenuta dall’oggi al domani bensì gradualmente, il pronome “egli” viene utilizzato molto spesso dalla traduttrice siciliana nella narrazione, mentre il ricorso a “lui” è molto meno frequente e di solito si verifica all’interno di un discorso diretto. In questo modo, chi legge si abitua alla preponderanza della forma “egli”. Fatica che fa, invece? Utilizza “lui”, poi all’improvviso ti schiaffa “egli” nel bel mezzo di un discorso fatto da Gandalf… Quello stesso Gandalf al quale fa dire “anche se lo prendessi a mazzate”°° e “me li sono sciroppati per giorni e giorni”°°, come se fosse uno Hobbit campagnolo, anziché un membro dell’ordine degli Istari. Io capisco che il registro linguistico fosse più alto nella parte in cui Fatica ha tradotto “he” con “egli”, ma poteva rendere l’innalzamento in un’altra maniera, senza scegliere questo pronome, visto che non lo aveva mai utilizzato fino a quel momento. Così, invece, il cambiamento è drastico e può risultare sgradevole per chi legge… anche perché, precedentemente, non c’era ragione di inserire nella traduzione di “I had weary days of it” un termine come “sciroppato”, che nell’accezione scelta si configura come colloquiale e di registro basso.

Il problema della versione di Fatica è questo: è disarmonica. Oltre a cercare di seguire i cambi di registro di Tolkien, infatti, Fatica infila termini troppo “bassi” o troppo “alti” di sua iniziativa. Ad esempio, nel tentativo di mantenere l’allitterazione creata dall’Autore con though they rather dreaded the after-speech of their host”, traduce pur paventando il discorso postprandiale dell’anfitrione”°°; io posso pure apprezzare lo sforzo del traduttore, ma il risultato è artificioso e alza il registro – perché “paventando” e “postprandiale” non sono affatto termini di uso comune – laddove in originale la frase era abbastanza semplice. E nello stesso capitolo, a poche righe di distanza, mi trovo a leggere che tirar su i giovani Hobbit richiede “foraggio a palate” e che il banchetto di Bilbo è una “goduria”. Posso capire il ricorso a “foraggio”: il primo significato dell’originale “provender” è proprio “foraggio” – e il termine inglese viene usato solo informalmente per riferirsi al cibo. In italiano, ad ogni modo, qualsiasi vocabolario – dal Treccani al Garzanti – riconduce alla parola “foraggio” un unico significato, quello di insieme di prodotti per alimentare il bestiame; quindi ammetto che la scelta di Fatica non mi fa impazzire. Se non altro, però, il verbo “foraggiare”, quando non è utilizzato in senso del tutto letterale, può significare “nutrire” – sebbene voglia dire più spesso “rifornire di soldi, finanziare”, venendo usato quindi in senso figurato. Ma come la mettiamo con “goduria”, termine colloquiale e regionale usato per tradurre “entertainment” – che non è dialettale, né particolarmente informale? E in mezzo a tutto ciò dovrebbe saltar fuori la gente che paventa il discorso postprandiale?

Questa disarmonia non è un’eccezione, bensì una caratteristica della traduzione di Fatica. Quando Frodo viene a conoscenza del passato di Gollum, dice rivolgendosi a Gandalf: “Vuoi dire che era quello stesso bruto di un Gollum incontrato da Bilbo? Che schifo!”°°. Ora, io non dico che “quel bruto di un Gollum” sia da considerarsi un’espressione arcaica, perché non lo è; ma non mi risulta che sia a un livello terra terra come la successiva “che schifo”, che fa sembrare Frodo un adolescente del XXI secolo, più che un gentilhobbit cinquantenne della Terza Era della Terra di Mezzo. Non c’erano altri modi per tradurre “how loathsome”? Non dico di fare come Alliata e ricorrere a “quale orrore”, che è un po’ troppo elevato (a onor del vero, l’“Oxford Learner’s Dictionary” segnala “loathsome” come formale), però nemmeno cadere così in basso. Una sana via di mezzo no? E poco più avanti Frodo utilizza espressioni come “deve aver allettato la sua perfidia”°° e “procacciargli”°° (usato per tradurre “providing him”, che poteva essere reso con il più comune “procurargli”).

Un altro esempio problematico è costituito dal termine “cotica”, scelto per indicare l’erba che riveste i tetti e le pareti delle case hobbit. “Turf” è un vocabolo comune in inglese… mentre “cotica”, in italiano, non lo è nell’accezione di “strato superficiale di un terreno erboso”: nel suo primo significato è un termine regionale per indicare la pelle del maiale (la cosiddetta “cotenna”).

Sul sito dell’AIST ho letto che quello di Fatica è stato sicuramente un espediente per rendere la differenza tra il vocabolo inglese al singolare, “turf”, e al plurale, “turves”, essendo quest’ultima forma meno diffusa rispetto all’altro plurale “turfs”. Per supportare questa tesi è stato fatto notare che “turves” è presente nel prologo, dove appunto viene tradotto con “cotica”, mentre all’inizio del quarto capitolo c’è il singolare “turf”, peraltro preceduto dall’aggettivo “green”, perciò in questo caso Fatica traduce con “verde tappeto”. Eh, già… peccato che ci sia scritto “turf” anche nel primo capitolo, quando Gandalf arriva a casa di Bilbo, e che pure lì Fatica traduca con “cotica”. Secondo me non è una questione di singolare o di plurale, ma di contesto: nel prologo e nel primo capitolo si sta parlando dei rivestimenti delle case degli Hobbit, quindi Fatica usa il termine “cotica”; nel quarto capitolo, invece, si sta parlando di Pipino che si trova su un prato, quindi il traduttore preferisce la parola “tappeto”.

Non posso conoscere il motivo esatto per cui Fatica abbia scelto “cotica”… ma, anche se il suo fosse stato un tentativo di rendere il plurale “turves”, per me il risultato resta discutibile e poco efficace. “Turves” sarà pure un po’ straniante per il lettore della versione originale, però non riesco a credere che lo sia così tanto come “cotica” per il lettore italiano. In inglese esiste più di una parola che termina per f e per formare il plurale si serve della desinenza “-ves”, con la v che va a sostituire la f: ad esempio “loaf” che diventa “loaves”, oppure “self” che diventa “selves”. Dubito che, per chi è madrelingua inglese, sia difficile intuire che “turves” è legato a “turf”. In italiano, invece, “cotica” e “tappeto erboso” sono vocaboli senza alcuna somiglianza; come se non bastasse, la prima accezione di “cotica” non c’entra niente con la seconda – quella a cui ha pensato Fatica. Poi sì, nei dizionari online questo secondo significato viene riportato, ma vi sfido io a trovare un buon numero di italiani che, di fronte alla parola “cotica”, pensi agli strati d’erba prima che alla cotenna del maiale! Sappiate, inoltre, che nel mio dizionario cartaceo l’accezione di cui fa uso Fatica è del tutto assente… e stiamo parlando di un vocabolario Treccani, eh, per quanto cominci a essere un tantino vecchio. Questo dà un’idea di quanto poco sia diffuso “cotica” nel senso di “strato d’erba”. Abbiate pazienza, ma io non posso credere che una forma plurale poco comune in originale basti a promuovere la scelta di Fatica – tanto più che, come ho già fatto notare, nel primo capitolo il plurale non c’è.

Vogliamo parlare poi della conversazione all’osteria all’inizio del primo capitolo? Ci ritroviamo il papà di Sam che prima ricorre al termine “genìa” – letterario e poco utilizzato, scelto da Fatica per tradurre il ben più semplice “breed” – e poi dice “affocato” al posto di “affogato”. Mentre la scelta di usare “affocato” è sensata, quel “genìa” stride tantissimo con il contesto, visto che a parlare è uno Hobbit rustico e poco istruito.

Insomma, io trovo l’insieme fastidioso, perché mi impedisce di godermi appieno la lettura. Troppe volte l’immersione nella narrazione viene meno a causa di un termine spiazzante, o che semplicemente cozza con quello che c’è poco prima o subito dopo. Sono madrelingua italiana, quindi non posso valutare l’effetto che sortisce la versione originale su chi è madrelingua inglese, però mi sembrerebbe strano se lo stile Tolkien – un filologo che teneva non solo al significato, ma anche alla sonorità e alla bellezza del linguaggio – suscitasse così facilmente fastidio come fa quello di Fatica.

Un’altra cosa che mi infastidisce è la mancanza di virgole in diverse parti del testo. Ammetto di avere un rapporto un po’ conflittuale con la punteggiatura, forse personalmente ne abuso… ma talvolta Fatica esagera all’opposto! Vi riporto alcuni esempi:

La falsa notizia che l’intera casa venisse distribuita gratuitamente si era sparsa a macchia d’olio e in men che non si dica il posto di riempì di gente che non aveva titoli per trovarsi lì ma che non c’era modo di arginare.°°

 

Poco dopo Frodo uscì dallo studio per vedere come procedevano le cose e la trovò che gironzolava ancora per la casa rovistando negli angoli e nei cantucci°°

 

[…] e quella seguirono nel suo inerpicarsi serpeggiante su per le pendici boscose fino alla cima di una falda dei rilievi che si stagliavano nella pianura della valle fiumana.°°

 

Per me questa non è scorrevolezza, questo significa leggere come se qualcuno mi mettesse fretta, standomi col fiato sul collo! Io non so perché Fatica abbia fatto scelte simili. Forse è un tentativo di seguire fino in fondo la struttura dell’originale, ma ciò non è sempre e comunque un bene. Non solo non considero esempi di scorrevolezza questi passaggi che ho riportato (una scrittura scorrevole non dovrebbe soltanto essere agile, ma anche dare un’impressione di naturalezza): in molti altri casi mi trovo ad avere a che fare con un testo troppo scarno, perché il traduttore predilige una costruzione paratattica del periodo. Nella paratassi, le proposizioni – quelle che comunemente chiamiamo frasi, per intenderci – sono collegate per mezzo di congiunzioni come “e”, “o”, “ma”, oppure tramite la punteggiatura… quindi anche grazie al punto. Il periodo tende perciò a essere breve. Una traduttrice di professione, Costanza Bonelli, rileva:

Fatica tende a seguire pedissequamente la struttura sintattica dell’originale, che è una paratassi serrata. La paratassi però non è così naturale in italiano, anzi! Questo, unito al fatto che alcune frasi tradotte si “accorciano” dà l’impressione di un testo fatto di sole [proposizioni] principali, che abbassa ulteriormente il tono del racconto, cosa che non succede in inglese che da questo punto di vista ha una struttura naturale ben diversa.

[…] Tendendo a ricalcare la struttura di una lingua così diversa dall’italiano, [Fatica] cade proprio nell’errore principale del traduttese. Dimentica un po’, sempre a mio parere, che il lettore tipo di un libro tradotto (e necessariamente adattato) non è chi sa l’inglese, ma l’italiano che parla solo italiano.

(Qui il link del post Facebook di Costanza Bonelli, per chi vuole leggerlo tutto.)

 

Anche se nella vecchia traduzione compaiono forse un po’ troppe volte periodi arzigogolati e sono presenti termini antiquati, l’effetto complessivo è abbastanza armonioso. Nella nuova traduzione, invece, c’è una sorta di saliscendi; quindi, per quanto possa sembrare paradossale, ha più senso accusare Fatica – anziché Alliata – di inserire arcaismi gratuiti. Essi risaltano maggiormente in un testo più povero e scarno, peraltro caratterizzato da abbassamenti di registro non necessari.

Tirando le somme, la famosa scorrevolezza di Fatica è più una sorta di impoverimento del testo; se a questo aggiungiamo i passaggi senza virgola, ma soprattutto i termini che spezzano il flusso della lettura, impedendo a chi legge di immergersi completamente nella narrazione… allora cosa vi devo dire, che la traduzione è scorrevole ed evita inutili innalzamenti di registro? No, non posso dirvelo.

 

Con questo ho finito, per oggi. Ho fatto del mio meglio per offrirvi un quadro chiaro e oggettivo della situazione, per quanto inevitabilmente influenzato dalla mia soggettività… perché, a conti fatti, non bisogna dimenticare che la lettura di un libro è sempre un’esperienza soggettiva. Quindi l’oggettività totale, in questo come in altri casi, è irraggiungibile. Ad ogni modo, all’esternazione delle mie sensazioni e percezioni personali ho voluto affiancare un lavoro di studio e documentazione, per affrontare la questione della traduzione nel modo più corretto possibile. Tutto questo nei limiti della mia situazione, perché io non sono una traduttrice e lo ribadisco. L’analisi è un’attività che presuppone dedizione e impegno, anche perché certe cose possono essere scontate per chi traduce abitualmente, non per me… ed è un lavoro ancora in corso, che chissà quanto altro tempo mi porterà via. Non so nemmeno quando riuscirò a occuparmi della seconda parte dell’articolo – e a spiegare la scelta del titolo 🙂 Però ho fatto un piccolo passo avanti, intanto.

 

 

 

 

 

** citazioni tratte da “Il Signore degli Anelli”, di J.R.R. Tolkien, traduzione di Vicky Alliata di Villafranca, Bompiani, 2003. Ovviamente questa non è la prima versione di Alliata, che ormai credo sia difficilissima da trovare sul mercato, bensì quella revisionata da Quirino Principe e dalla STI.

°° citazioni tratte da “La Compagnia dell’Anello”, di J.R.R. Tolkien, traduzione di Ottavio Fatica, Bompiani, 2019

93 pensieri riguardo “La nuova traduzione de “La Compagnia dell’Anello”, o del perché c’è molto da imparare da alcuni personaggi di Tolkien (prima parte)

  1. Gran bell’articolo! Ci sono tante suggestioni che la lettura del tuo testo evocano ed è possibile, pertanto, che ci torni su anche in futuro, intervenendo con nuovi commenti. Per il momento inizio i miei commenti facendo notare una cosa molto importante, che emerge in parte nel tuo articolo: la definizione, data da Fatica, del Signore degli Anelli come romanzo fantasy. Personalmente non sono d’accordo con questa definizione: mi rendo conto che non è questo il focus del tuo articolo, ragion per cui non voglio qui sollevare un’altra questione complessa…però resta vera la considerazione che impone a un traduttore di voler prima chiarirsi le idee su cosa sta traducendo, per capire poi che tipo di stile seguire, che scelte lessicali compiere, ecc. ecc. D’altra canto, come mi hanno mostrato i miei colleghi di letteratura inglese (e come tu stessa hai giustamente evidenziato nel corso del tuo articolo), italiano e inglese sono due lingue che hanno pochi punti in contatto, ragion per cui non è mai semplice tradurre dall’una all’altra. Detto questo, è anche vero che, in molti casi (non in tutti, per fortuna), la scelta di difendere ovvero attaccare l’opera di Fatica si è intrecciata con la querelle esistente fra le due maggiori società tolkenianiane italiane che hanno sovrapposto a questioni che avrebbero forse dovuto restare squisitamente linguistiche, altre di natura – diciamo così – differente. E questo è, a mio parere, un errore, sia che si voglia apprezzare e appoggiare il lavoro di Fatica, sia che, al contrario, lo si voglia criticare.

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    1. Rettifico il punto su Fatica: leggendo ieri sera il tuo articolo, avevo colpevolmente inteso che Fatica considerasse il Signore degli Anelli un fantasy, mentre nell’intervista afferma di non considerarlo tale. Ciò non toglie che sia d’accordo con te quando affermi che appartenere al genere fantasy non può essere un criterio che sminuisce un’opera…

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      1. Non preoccuparti per il fraintendimento, l’articolo è lungo e non ti biasimo se ti sei perso un po’ per strada 🙂
        Andando al punto: “Il Signore degli Anelli” è fantasy? Personalmente sono convinta che lo sia – e non vedo come questo possa impedire:
        a) che sia un grande libro
        b) che sia un classico della letteratura
        c) che oltre a essere un’opera fantasy sia un’opera epica e, se considerata assieme a “Il Silmarillion”, mitologica.
        Io non penso che i limiti fra i generi letterari siano così rigidi da impedire a un libro di travalicarli, ritrovandosi a essere un mix fra un genere e l’altro. E non dimentichiamoci che per Tolkien “Il Signore degli Anelli” era una fiaba… Un’idea che oggi farebbe inorridire un sacco di gente, ne sono sicura!
        Mi pare evidente che Fatica reputi il fantasy un genere di bassa lega – a meno che con “fantasy” non si intenda qualcosa che inglobi praticamente tutta la letteratura, da “Robinson Crusoe” a “La morte di Ivan Il’ič”. Se leggi l’ultima parte dell’intervista rilasciata a Loredana Lipperini quasi due anni fa (ho incluso il link nel mio articolo proprio perché chiunque potesse trovarla subito), quest’opinione del traduttore è abbastanza chiara. Ma davvero il fantasy è scadente? Davvero il fatto che “Il Signore degli Anelli” sia un grande libro prova che non è un fantasy? Io non penso proprio. Che poi, non vorrei dire, ma l’enorme influenza di Tolkien sul fantasy non dovrebbe implicare almeno una sua menzione in mezzo agli esponenti del genere?

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      2. Parto dall’ultimo punto della tua analisi: indubbiamente Tolkien ha avuto una fortissima influenza sulle opere fantasy scritte a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. In questo senso gli esempi si sprecano, letteralmente; basti pensare a quanto sia utilizzata la parola mithril anche in contesti apparentemente lontani dalla Terra di Mezzo, come i videogiochi. Ritengo, tuttavia, che Tolkien stesso avesse in mente di dotare l’Inghilterra di una sua mitologia, che ne era mancante, a differenza di quanto era accaduto per altri Paesi (Italia in primis). Detto questo, la domanda più difficile da porci per le implicazioni complesse che la risposta richiede è la seguente: il genere epico/mitologico può dirsi strettamente imparentato con il fantasy, tanto da far apparire quest’ultimo come un sottogenere del primo? Non mi azzardo, per il momento, a dare una risposta a questa domanda: tuttavia, pur condividendo l’idea che la separazione tra i generi non possa essere troppo netta (se, per esempio, scrivessi un romanzo/racconto nel quale includessi: a) la figura storica di Luigi XIV il Re Sole; b) i rapporti con le sue amanti; c) un complotto internazionale inventato nel quale la monarchia francese è messa a rischio da una fantomatica società segreta, cosa starei scrivendo? Un racconto/romanzo storico, erotico o un thriller?) c’è da considerare che, di solito, il fantasy non ha attinenza con il mondo «reale», mentre Tolkien aveva immaginato che gli eventi della Prima-Seconda-Era facessero parte di un passato «leggendario» dell’Europa e dell’Inghilterra nello specifico.

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      3. La tua è una domanda molto interessante. Non so se il fantasy possa essere considerato un sottogenere di epica e mitologia, ma quel che è certo è che i legami ci sono… Proprio per questo credo che “Il Signore degli Anelli” vada considerato anche un fantasy 🙂
        Riguardo al rapporto con la realtà, be’, dipende. Dopotutto esistono fantasy che puntano proprio a farci credere di essere ambientati nel mondo reale, nonostante l’aggiunta dell’elemento magico. L’esempio più lampante che mi viene in mente è “Harry Potter”: chiaro che bisogna imparare a stare al gioco dell’Autrice (e ci sono persone che non necessariamente ci riescono), ma la premessa di base è che maghi e streghe possano esistere nella nostra realtà… Non mi sembra così diverso dai presupposti di Tolkien…

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      4. Vero, avevo pensato anche io alle opere della Rowling (che tra l’altro, per inciso, ho terminato di leggere nelle scorse vacanze natalizie)…però i racconti epici avevano di solito la funzione di spiegare come si era giunti al presente della storia umana. Pensa, per esempio, al mito della mela raccontato da Platone, che serviva per spiegare come mai uomini e donne si affannassero alla ricerca della loro metà ideale (ti invio il link http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/platone7867434.htm). Ieri effettivamente non ho indicato nel mio commento questo importante elemento che separa, secondo me, il fantasy dall’epica.

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      5. Volevo risponderti ieri sera, ma poi mi è uscito di mente.
        Hai fatto un’osservazione molto interessante (come spesso succede 🙂 ), su quella che può essere una differenza cruciale tra epica e fantasy. A questo punto, però, vorrei farti una domanda: quante persone, leggendo “Il Signore degli Anelli”, capiscono e/o si soffermano sul fatto che la storia narrata da Tolkien è ambientata in un tempo immaginario ma in un luogo “reale”? Che la Terra di Mezzo non è un universo a parte, bensì il nostro mondo? Certo, il prologo e le appendici lo fanno capire abbastanza bene… ma siamo sicuri che, quando si è coinvolti/e nella narrazione, si tenga a mente questo elemento? Senza contare che le appendici vengono snobbate da alcune persone, perché considerate noiose o poco importanti. Secondo me, la dimensione mitologica dell’opera – e quindi l’intento di “spiegare come si è giunti al presente della vita umana”, per citare le tue parole – diventa evidente quando ci si confronta con “Il Silmarillion”, o comunque dopo una seconda lettura de “Il Signore degli Anelli”, più attenta e approfondita. Questo perché, essendo un libro molto lungo, che permette l’immersione in una trama avvincente e in uno scenario che appare piuttosto diverso da quello in cui viviamo, i legami con la realtà quotidiana si allentano e non è difficile sentirsi come se stessimo leggendo qualcosa che ha ben poco a che fare con il nostro mondo (in senso positivo). Forse l’inclusione di Tolkien nel fantasy deriva anche da questo, cioè dal fatto che la dimensione “””storica””” (metto il termine fra molte virgolette perché so che lo sto utilizzando in maniera impropria!) della Terra di Mezzo non è stata sempre presa in considerazione dai lettori, o semplicemente è passata in secondo piano di fronte all’elemento fantastico (Elfi, Nani, Stregoni), che fa pensare più a un universo “alternativo” senza legami importanti con il nostro mondo e le nostre origini. I miti e l’epica classica, invece, poiché vengono studiati anche a scuola, mantengono più saldamente la loro funzione originaria…
        Spero di non aver fatto confusione con questo commento e di essermi spiegata bene!

        P.S. Sono contenta che tu abbia letto i libri di Rowling, mi piacerebbe sapere che ne pensi 🙂

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      6. Sono felice che tu abbia apprezzato il mio commento. Concordo con te che il Signore degli Anelli, a una prima lettura, possa più facilmente risultare un romanzo fantasy, anziché epico. C’è da sottolineare, tuttavia, che su questa considerazione pesano molto le scelte editoriali dell’epoca: se ricordi, infatti, Tolkien avrebbe voluto che l’editore si prendesse carico di «tutto» il legendarium, collocando le storie che noi oggi leggiamo sotto il titolo di «Silmarillion» in calce al Signore degli Anelli. L’editore, purtroppo per l’autore, gli disse che la richiesta non era fattibile, soprattutto a causa degli alti costi che avrebbe richiesto: l’Inghilterra, in quel momento, aveva anche penuria di carta per via della crisi post-guerra mondiale e il progetto di allungare considerevolmente le pagine di un’opera già imponente di suo fu abbandonato. In realtà, sopravvive anche un accenno di questo progetto nel testo che tutti conosciamo: quando Bilbo si congeda da Frodo a Imladris, gli consegna infatti non solo il Libro Rosso (alias Hobbit + Signore degli Anelli) ma anche tre volumi, da lui tradotti dall’Alto Elfico, che corrispondono al Silmarillion. Tolkien, dunque, aveva in mente un progetto molto più ambizioso, nel quale la sua volontà mitopoietica sarebbe stata molto più evidente: le scelte editoriali, tuttavia, ne impedirono la piena riuscita. Le trilogie cinematografiche, a loro volta, hanno privilegiato, diciamo così, il lato «fantasy» a scapito di quello epico.
        Per quanta riguarda i libri della Rowling…la mia valutazione è sostanzialmente positiva, anche se ci sono aspetti che non mi hanno convinto del tutto. Hai scritto sul tuo blog dell’argomento? Se così fosse mi piacerebbe esprimere in quella sede le mie riflessioni in merito:)

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      7. Di “Harry Potter” possiamo parlare qui: https://soloperdirelamia.wordpress.com/2018/03/02/harry-potter-e-sopravvalutato/ … Lascia pure tutti i commenti che vuoi sotto il mio articolo!
        Riguardo a Tolkien, capisco cosa intendi dire. Continuo a pensare, in ogni caso, che “Il Signore degli Anelli” possa essere definito sia epica che fantasy, e che un genere non escluda l’altro. Sicuramente la versione cinematografica ha un’impostazione molto meno… mitopoietica, diciamo così. Però una buona parte della profondità dell’opera di Tolkien si percepisce lo stesso, anche se Peter Jackson si è preso varie licenze. Ad ogni modo, il discorso sul fantasy è da approfondire – e spero che torneremo ad affrontarlo in futuro, magari quando avremo degli elementi in più per giudicare 🙂

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      8. Certamente, grazie per la segnalazione! Quanto a Tolkien, personalmente sarei molto contento se fosse studiato a scuola insieme all’epica tradizionale di matrice greco-latina…ma, almeno per ora, mi sembra difficile possa avvenire. Ciò non toglie che ci sono stati momenti anche peggiori della ricezione di Tolkien nei manuali scolastici: nel 1995, un’antologia per i licei classici inseriva il Signore degli Anelli nella cosiddetta «paraletteratura», insieme ai fumetti e ai libri games, per intenderci…

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      9. A me basterebbe che Tolkien venisse studiato in letteratura inglese nei licei, al pari di Dickens e Joyce 🙂 Quando io ero in età da liceo non succedeva di certo!
        Per quanto riguarda le scuole medie, sarebbe bello fare degli accenni a Tolkien dopo aver studiato l’epica cavalleresca (che mi pare si studi in maniera più sintetica rispetto a quella classica… ma forse dipende anche dalla capacità dell’insegnante di andare avanti col programma!)

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      10. Io «spulciavo» ogni anno l’indice del volume di letteratura inglese nella speranza di trovarlo, ma niente! Certo poi dipende molto anche dagli insegnanti, i programmi scolastici non possono bastare da soli a introdurre lo studio di un autore.

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      11. Credo si sia perso un commento (o almeno io non lo vedo più…) puoi confermarmi se hai ricevuto quello contenente il link al mito della mela di Platone? Grazie

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      12. Riguardo alla querelle tra associazioni, dico questo: peccato. È un peccato che un progetto del tutto sensato come ritradurre “Il Signore degli Anelli” sia stato contaminato da una serie di dispute tra intellettuali, che non giovano affatto all’opera di Tolkien, tantomeno a chi la legge e la ama.

        Grazie per i tuoi commenti, è sempre bello leggerli 🙂

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      13. Verissimo anche se, purtroppo, può osservarsi come questo sia un destino che spesso accompagna opere entrate nell’immaginario collettivo. Grazie a te per i tuoi articoli, sono contento tu sia tornata a dedicarti al tuo blog!

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  2. Ho aspettato questo articolo! Grazie per avermi citata – ma forse non sono la persona di riferimento in questo specifico caso, perché per me sia l’inglese sia l’italiano sono lingue straniere. Apprezzo molto l’analisi che hai fatto – e devo dire che è molto raro quando un’opinione negativa sulla nuova traduzione è espressa con tale pacatezza. Personalmente, non ho fatto un’analisi del genere. Ho un rapporto molto diverso con le traduzioni italiane. Quella di Alliata-Principe l’ho letta solo una volta, qualche anno fa, quando l’abbiamo presa per la nostra figlia (già ha letto Lo Hobbit ed era pronta ad affrontare l’opera principale di Tolkien). L’ho letta con curiosità, ho trovato la prosa buona e la poesia riuscita peggio, e non l’ho mai riletta per intero (seppure spesso rileggo alcuni passaggi, principalmente per citare nei miei post). Era l’unica disponibile e importava poco se mi piaceva o no – non sarei mai all’altezza se provassi a tradurre i passaggi in questione da sola. È già difficile con non-fiction, lasciamo stare un libro come “Il Signore degli Anelli”. E quando ho preso nella libreria la nuova traduzione ero spinta dalla stessa curiosità – come qualcun altro ha affrontato le stesse sfide? Come ha reso questo o quello passaggio? È riuscito a mantenere il gioco di parole nascosto? Lo stile? Le poesie? L’ho letta senza cercare di paragonarla con quella precedente. E posso dire che l’impressione generale era positiva. Ogni tanto andavo a controllare l’originale – quando mi veniva un dubbio. Cosi ho scoperto degli errori e delle frasi interpretate erroneamente. Altre scelte le ho trovate invece molto belle e azzeccate – sempre rispetto all’originale. Alcuni passaggi mi hanno fatta innamorarmi di nuovo con la prosa di Tolkien, altri mi hanno lasciata delusa (povero vecchio Tom Bombadil! Non ho mai aspettato che rendere la sua prosa-poesia in una delle più musicali lingue che conosco sarebbe impossibile…). Molte poesie, secondo la mia umilissima opinione, sono state rese meglio, specialmente le canzoni hobbit. Queste sono le mie impressioni generali in base alla prima lettura.

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    1. Per quanto riguarda “romanzo fantasy”. Capisco il tuo punto di vista, m sono più d’accordo con Fatica: Tolkien non è fantasy. Mi dispiace, ma neanche io sono appassionata di questo genere – sebbene sono consapevole che ci sono delle opere fantasy di alta qualità. E quando leggevo l’infervista di Fatica rilasciata a “Venerdì” della “Repubblica” volevo saltare di gioia – finalmente qualcuno parlava di Tolkien non come scrittore fantasy, ma come classico, alla pari di Shakespeare, Dante, Melville ed altri. Perché il posto di Tolkien è lì, con loro. Nessuno oggi pensa che “Delitto e castigo” di Dostoevsky sia un giallo, seppur io romanzo lo è. Come nessuno, credo, pensa a “Enrico VIII” o “Riccardo II” di Shakespeare solo come cronache storiche. Un’opera classica è considerata tale perché supera i limiti di un genere letterario, perché parla dei temi universali, riflette sulla natura umana e di su ciò che ci rende umani – e siccome la natura umana non cambia nel corso del tempo, le domande e le risposte sono sempre attuali. Un’opera classica parla con tutti, senza discriminazioni di genere (pun intended). Per questo ho trovato sempre la classificazione de “Il Signore degli Anelli” all’interno del fantasy limitativa. No, non vuol dire che fantasy è un genere poco degno. Anzi – il fatto che ha prodotto un’opera come SDA, dimostra il suo enorme potenziale. Ma Tolkien va oltre.

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      1. Comprare la nuova traduzione o no? Curiosamente, forse, nella luce di quel che ho scritto sopra, sono d’accordo, almeno in parte. Chi è curioso di leggere la nuova versione, ma ha già in possesso quella vecchia, secondo me, potrebbe prendere il libro in una biblioteca, prestare da qualcuno o (se ha la pazienza) aspettare il volume unico. O prendere la versione ebook. Comunque, ritengo che vale la pena leggere questa traduzione per guardare il romanzo cosi amato e conosciuto quasi a memoria da un nuovo punto di vista, da una prospettiva diversa. Come ho scritto qualche tempo fa anche sul mio blog, è un’esperienza che arricchisce – quindi, perché privarsene? Molti amici con cui ho parlato della nuova traduzione hanno detto che è stato come leggere il romanzo per la prima volta. Lo è stato anche per me.
        Non mi pronuncio sulla questione di come sono state rese parole e frasi specifiche. Ho trovato la tua argomentazione ben fondata e convincente, ma per me anche le spiegazioni date da Fatica o da diversi membri dell’AIST sono state ben fondate e convincenti. L’approccio dei due traduttori è stato diverso, questo per me spiega le scelte diverse. Sì, non tutte sono condivisibili per la questione dei gusti e preferenze personali, ma è normalissimo. L’unica cosa certa è che ogni scelta è stata consapevole, ha il suo perché – già basandomi sugli esempi che ho letto, ne sono sicura. Tra l’altro, sono molto lieta che anche Alliata recentemente parla della motivazione dietro le sue scelte – sono gli argomenti che mi interessano sempre.
        Ho dovuto spezzare il mio commento in più parti e comunque chiudo qui, perché rischia di diventare più lungo dell’articolo commentato. Aspetto con interesse la prossima parte della tua analisi!

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      2. Sul fatto che “Il Signore degli Anelli” sia un classico sono d’accordissimo; quello che non capisco è perché collocare Tolkien tra i grandi debba significare che la sua opera non è fantasy. Il fantasy può non piacere, può aver dato vita anche a prodotti mediocri, ma a mio avviso resta un genere letterario di tutto rispetto – come qualsiasi altro, del resto. Va benissimo non limitare Tolkien all’appartenenza a questo genere, ma perché far passare il fantasy come una roba di serie B?

        Tornando alla nuova traduzione… Perché privarsi dell’esperienza di leggerla, ti chiedi. Personalmente ritengo che, se una lettura nel complesso è poco gradevole, allora sarebbe meglio risparmiarsela. Non dico che la traduzione di Fatica sia sgradevole in tutto e per tutto, ma facendo un bilancio la mia esperienza con il testo è stata più negativa che positiva… Ecco perché sconsiglio il libro. E tengo a precisare che il lavoro d’analisi è venuto solo dopo: prima di iniziarlo avevo già finito di leggere il capitolo del Consiglio di Elrond. Infatti la mia sensazione di avere a che fare con un testo disarmonico, che impedisce la piena immersione nella narrazione, deriva dalla prima lettura; stavo saltando sul divano quando ho letto “sciroppato”, “che schifo” e tutto il resto!
        Il successivo confronto con alcuni passi dell’originale e della vecchia traduzione ha confermato la sensazione già avuta, tutto qua. Poi è normale che con l’analisi io abbia scoperto delle cose nuove; ma l’impressione che avevo avuto sulla traduzione – mentre leggevo – è rimasta pressoché invariata.
        Che ci siano delle motivazioni dietro le scelte di Fatica è ovvio, infatti non condivido l’atteggiamento di chi lo accusa di non aver capito niente. Il punto è: mettere in dubbio alcune scelte di Fatica – alcune, bada bene, non tutte – è solo una questione di gusti? Secondo me no. Io non credo che ogni cosa sia sempre riconducibile alle percezioni soggettive di ognuno. Inoltre, dietro una scelta traduttiva può esserci una motivazione molto sensata, ma questo non rende automaticamente efficace tale scelta. E siccome una traduzione si giudica anche dalla sua efficacia nella lingua d’arrivo, bisogna sempre tener conto del pubblico al quale ci si rivolge. Un problema di Fatica, a mio avviso, è che più di una volta sembra dimenticare a chi è destinata la sua traduzione, ovvero al lettore italiano che non conosce abbastanza bene l’inglese per poter fruire della versione originale. Un problema che la vecchia versione, pur con tutti i suoi difetti e i suoi limiti, non aveva, perlomeno non nell’edizione che conosco io.
        Le spiegazioni di Fatica su certe sue scelte devo andare a leggerle, quindi non mi pronuncio in proposito. Le risposte dell’AIST sono convincenti? Stando a quello che ho visto finora, non del tutto. Ho apprezzato l’articolo di Claudio Testi, che mi è sembrato interessante e abbastanza equilibrato; ma non posso dire lo stesso di altri interventi. La questione “cotica-turves-turf” non mi convince di certo, tanto per fare l’esempio più banale. Penso che l’AIST sia troppo coinvolta in questa faccenda per essere imparziale – e che pochissime persone, tra coloro che fanno parte di questa associazione, riescano a giudicare la nuova traduzione in modo oggettivo. Sia chiaro, io non credo possa esistere oggettività totale in merito, però almeno bisognerebbe sforzarsi… Ci sono membri dell’AIST che proprio non si sforzano, questo è il problema.

        Grazie per i tuoi commenti – e non preoccuparti mai della lunghezza! Il dibattito qui è sempre bene accetto, purché venga portato avanti con toni civili e rispettosi 🙂 E so che a chi mi segue questi toni non sono mai mancati.

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      3. Mi è sfuggito questo commento prima! Sai, ti posso dire con franchezza, che molte scelte che sono considerate infelici da molti (che anche “sciroppato” o “che schifo” che hai citato tu) mi sono sfuggite. Sarà la colpa di una lettura poco attenta? Non lo escludo, perché principalmente leggevo di sera, quindi con la mente già stanca, e comunque senza une lente di ingrandimento, per cosi dire – cioè lo scopo della lettura non era trovare gli errori o scelte sfortunate. Alcuni l’ho notati lo stesso, alcuni si sono aggiunti dopo una rilettura e una riflessione. Ma il fatto rimane: ho trovato la lettura gradevole e scorrevole. E ci sono anche altri lettori che sono d’accordo con me. Vedi, leggere permette di capire anche questo: ad alcuni piace, ad altri no – e per me come sarà? Mi lascerà delusa la nuova versione? O mi piacerà, forse negli aspetti inaspettati? Perché la percezione è così diversa? Per questo dico: non comprate se non siete sicuri e non avete tanti soldi. Prestate da qualcuno, prendete una versione più economica (prima o poi arriverà) – ma leggete, con una mente aperta, senza pregiudizi e senza alte aspettative (anche le mie erano alte e in parte il libro non le ha soddisfatte). Per capire com’è l’effetto per voi e non un blogger X o uno studioso Y. Dopo aver letto, possiamo dire la nostra. Prima – no. Ecco, forse la mia opinione è il risultato della deformazione professionale, ma io la vedo così. Poi certo, se la traduzione è stata letta e non piace lo stesso è legittimo sconsigliarla agli altri ed esprimere la propria delusione.
        Per quanto riguardano i commenti dell’AIST, mi hanno fatto sin dall’inizio un’ottima impressione, perché sono stati sempre corretti nel tono, fornivano pazientemente le spiegazioni chieste (e mi chiedo come riuscivano a farlo considerando che 100 volte al giorno dovevano spiegare alle persone perché “affogato” o “imparato a leggere e scrivere” sarebbe giusto o che “Mount Doom” non era tradotto con “Montagna Fiammea” – e la stragrande parte dei tali commenti dei lettori indignati era piena di insulti e scritta da chi non ha nemmeno aperto il libro ma si indignava per il sentito dire). Quindi, non direi che “non si sforzano” – si sforzano eccome e forse anche più del dovuto. Purtroppo, una gran parte delle critiche sono di bassissima qualità. Solo adesso, mesi dopo la pubblicazione, cambiano i toni e emergono le analisi come la tua – ben argomentate e pacate. Loro sì che offrono uno spazio per un dialogo, una discussione civile.
        E tornando all’inizio, forse alla fine scriverò un articolo sul perché Tolkien non è fantasy dal mio punto di vista. Per adesso, mi limito solo di dire questo: purtroppo, la bassa qualità di una grande parte dei libri fantasy colloca il genere nella serie B, non Fatica o Eowyn scudiera di Rohan. Come ho scritto prima, è un genere letterario di grande potenziale, ma forse questo potenziale è mal usato… certo, la mia opinione, lo sottolineo, è soggettiva e non la impongo a nessuno. È il risultato delle mie esperienze poco felici con il genere.

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      4. Sicuramente bisogna farsi un’idea propria della traduzione – e il tuo consiglio di non acquistarla se non si è sicuri, ma di farsela prestare, è molto valido. Concordo anche con l’approcciarsi alla lettura senza pregiudizi. Però, per quanto riguarda le aspettative alte… è difficile, per non dire impossibile, non averne, se chi ha lavorato e collaborato alla nuova traduzione ha detto certe cose XD ma è probabile che parlerò meglio di questa cosa nel resto dell’articolo.
        Sull’AIST che ti devo dire? Rispondere ai commenti – anche esageratamente inferociti – della gente non dev’essere stato sempre facile… e le spiegazioni puntuali sono un’ottima cosa, non lo metto in dubbio. Presumo, in ogni modo, che tu ti stessi riferendo a quello che è successo sulla loro pagina Facebook; ma bisogna considerare pure quello che è stato scritto altrove da uno o più soci. Sinceramente, lasciar intendere che i fan non possano valutare la nuova traduzione, perché “saranno i nuovi lettori a decidere se premiarla” o roba del genere, mi sembra una posizione un po’ discutibile. E vogliamo parlare di uscite come “milioni di Orchi si abbattono sui bastioni del Fosso”? Questo sarebbe “sforzarsi”?
        Il fandom non è mica tutto marcio – e osservazioni sensate erano già state fatte a novembre. Posso anche capire che non siano arrivate sotto l’occhio dell’AIST, poiché sovrastate dalle polemiche rabbiose e inutili, ma non per questo i membri dell’associazione fanno bene a generalizzare, insinuando più o meno velatamente che i fan non siano capaci di giudicare in quanto accecati tutti dalla nostalgia e/o dal fanatismo.

        Quanto alla collocazione – o non-collocazione – de “Il Signore degli Anelli” nel genere fantasy, leggerei sicuramente il tuo articolo, se tu ne scrivessi uno in proposito. Non pretendo di farti cambiare idea, ma ammetto che la tua posizione continua a lasciarmi perplessa e dei chiarimenti mi farebbero bene. Se devo basarmi su quello che hai detto, deduco che anche scrittori come Pratchett, Rowling e Lewis siano letteratura di serie B, nonostante – correggimi se sbaglio – tu li abbia apprezzati molto…

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      5. Non credo che “lasciar intendere che i fan non possano valutare la nuova traduzione, perché “saranno i nuovi lettori a decidere se premiarla” o roba del genere” sia una cosa negativa. La frase da te citata bisogna vedere nel contesto di tutto l’articolo che parla dell’amore geloso e profondissimo che i fan di vecchia data nutrono per il romanzo. E poi, proprio prima l’autore dell’articolo scrive: “Chi leggerà il Signore degli Anelli per la prima volta, quindi con uno sguardo “vergine”, più limpido e più libero, potrà fare le sue valutazioni, probabilmente diverse da quelle che oggi vengono messe in piazza dai veterani.” Lo posso confermare da una persona che è fuori del fandom italiano, in quanto ho letto Tolkien prima in russo e in diverse versioni, quindi la versione di Alliata (o Alliata-Principe) non ha per me lo stesso valore affettivo che ha per i miei amici tolkieniani in Italia. Ma è un sentimento che comprendo benissimo, perché anch’io ho il mio “orsetto di peluche” che preferisco a tutti e quando ho deciso di introdurre la mia figlia a “Il Signore degli anelli” ho scelto proprio la mia traduzione preferita. nonostante tutte le imprecisioni e libertà prese con il testo. Ma appunto questo affetto verso UNA traduzione rende una persone molto più esigente e pregiudizievole verso altre versioni. Di nuovo – parlo dalla mia esperienza personale. Ci sono voluti anni di lettura e degli studi anche nel campo di traduzione per accendere in me la curiosità – come gli altri hanno affrontato lo stesso testo.
        Invece le uscite sugli “Orchi” rappresentano per me una classico esempio di trolling, tipico del collettivo sul blog del quale le dette uscite sono state pubblicate. Può non piacere e può dare fastidio – lo capisco benissimo, specialmente quando uno si riconosce, si rende conto che la frecciatina è stata tirata nella sua direzione. Perché – ammettiamolo – i fan che corrispondono alla descrizione ci sono. Sono tutti così? Ovviamente, no. “Il fandom non è tutto marcio” – sono d’accordissimo, ma una fetta marcia, purtroppo ci sta. la critica si rivolge a loro. A quelli che attaccavano la nuova traduzione molto prima della sua pubblicazione, usavano diversi spazi per criticare la scelta del traduttore, la collaborazione dell’AIST, mescolando insieme antipatie personali, fantasie e i fatti (che all’epoca erano veramente pochi per un giudizio oggettivo qualsiasi). Ma le critiche serie e fondate sono sempre accolte. Molti membri dell’AIST non sono d’accordo con le scelte di Fatica, o almeno non con tutte. E nessuno di loro nega il legittimo diritto di ogni fan di esprimere il proprio giudizio, non amare la nuova traduzione e persino non voler leggerla.

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      6. Vedo che su certe cose la pensiamo diversamente e suppongo che non concorderemo mai. Del resto, non dobbiamo essere per forza d’accordo su tutto. Forse non è necessario continuare il discorso ancora a lungo, ma avrei comunque alcune cose da precisare.

        Primo, a me i toni dell’articolo dell’AIST a cui ci stiamo riferendo non sono piaciuti. Certamente si è cercato di fare chiarezza su determinati argomenti, il che è apprezzabile; ma ho percepito una sorta di supponenza e paternalismo di fondo. Come a dire: abbiamo ragione noi sulla traduzione e ve ne accorgerete col tempo. Magari ho frainteso, però la mia impressione è stata questa.
        Il fatto che uno sguardo “vergine” sia diverso dallo sguardo di un veterano è innegabile, ma questo non significa che il veterano non possa giudicare… Basterebbe un minimo di razionalità e desiderio di non fermarsi alla superficie. L’articolo, a mio avviso, insiste un po’ troppo sul fatto che le reazioni negative vengono dall’attaccamento alla vecchia versione e dallo shock per i cambiamenti nella nomenclatura, come se non esistesse fan capace di andare oltre queste cose – anche in poco tempo. C’è chi ha bisogno di metabolizzare il cambiamento di nomi, ma c’è pure chi si abitua presto. Io capisco che le polemiche – spesso sterili – sulla nomenclatura abbiano monopolizzato la situazione, ma l’articolo dell’AIST rischia di dare un’immagine un po’ troppo semplificata del fandom.

        Seconda cosa: l’articolo che secondo te è trolling (che, pensandoci, non è definibile come articolo e per quanto mi riguarda è solo una roba allucinante e di cattivo gusto) parla di tentativi di screditare la traduzione di Fatica. Io non mi sono sentita chiamata in causa in prima persona, perché non ho screditato niente e nessuno – e, prima di iniziare a pubblicare le mie riflessioni qui sul blog, non ho giudicato la traduzione. Non su Internet. Sto dicendo solo adesso, a distanza di più di due mesi, quel che ho da dire in merito… senza mancare di rispetto a nessuno, mi sembra. Il motivo per cui certe affermazioni mi danno fastidio è lo stesso per cui mi ha dato fastidio, in misura minore, l’articolo dell’AIST: la propensione a generalizzare. Come se da un lato ci fosse chi sostiene la nuova traduzione, cioè Fatica e l’associazione, e dall’altro lato ci fosse chi la avversa, ovvero il fandom… che la avversa perché troppo nostalgico e legato ai nomi della vecchia versione. Quindi sbaglia, mentre chi giudica positivamente la nuova traduzione (come l’AIST) ha ragione. Ma non è tutto bianco o tutto nero: non apprezzare la traduzione di Fatica non significa per forza essere fan nostalgici – e la traduzione stessa ha dei lati positivi e dei lati negativi, che anche il semplice fan può riuscire a cogliere, almeno in parte. Che non tutti ci riescano – per pregiudizio, fanatismo o attaccamento alla vecchia versione – non deve diventare un pretesto per fare di tutta l’erba un fascio, almeno per come la vedo io.
        Peraltro, credo che nessuno abbia obbligato i membri dell’AIST a condividere tutte quelle anteprime sulla pagina Facebook dell’associazione. Cosa si aspettavano, che la gente rimanesse in silenzio? Io non giustifico assolutamente l’odio online, però bisogna pure essere un po’ realisti: i social si rivelano troppo spesso ricettacolo di insulti e polemiche, e non è una cosa venuta alla luce l’altro ieri. L’AIST lo sa, chiunque abbia un minimo di buonsenso e sia su Internet da tempo lo sa. Forse l’associazione non aveva previsto un’aggressività così grande come quella che c’è stata, ma di certo non ignorava che ci sarebbero state reazioni forti ed esagerate. Eppure ha deciso comunque di fare pubblicità alla nuova traduzione, anche mostrando anteprime non strettamente necessarie. Era prevedibile che questo aprisse ancora di più la strada alle polemiche. Non è bello e non è giusto, ma il mondo funziona così ed esporsi comporta certi rischi… Rischi che non esisterebbero in una società migliore, ma purtroppo esistono e quindi siamo costretti a farci i conti.

        Personalmente non ho alcun “orsetto di peluche”. Amo “Il Signore degli Anelli” e mentirei se dicessi che non ho un legame con la vecchia traduzione… ma non l’ho mai santificata né messa sul piedistallo. Che contenesse degli errori e che alcune scelte di nomenclatura di Alliata e di Principe fossero migliorabili, o comunque criticabili, sono cose che ho scoperto quando non sapevo neppure cosa fosse l’AIST. I cambiamenti nella nomenclatura che mi hanno infastidita sono pochi – e non mi hanno infastidita in quanto cambiamenti, ma perché mi sono interrogata sull’efficacia dei termini scelti dal nuovo traduttore. Probabilmente faccio parte di una minoranza, però dubito di essere l’unica appassionata a partire da una prospettiva simile.

        E per finire, esiste un unico motivo per cui ero esigente verso la nuova traduzione… ed è lo stesso per cui ho deciso di comprarla, anche se di solito non compro mai due traduzioni dello stesso libro. Il motivo è che ho creduto alle parole dell’AIST e di Fatica. Ho creduto che la vecchia traduzione non rendesse giustizia a Tolkien e che ci fosse assolutamente bisogno di una nuova, capace finalmente di resituirci in italiano quello che “Il Signore degli Anelli” è in originale. Quando ho comprato il libro, ero già a conoscenza delle polemiche e di alcune scelte discutibili… eppure avevo ancora la speranza che la lettura si rivelasse piacevole. Era l’unica cosa che chiedevo, una lettura piacevole. Non l’ho avuta, se non a piccoli sprazzi – e ripeto che il cambio di nomi c’entra veramente poco. Cosa dovrei fare? Fingere che tutto questo non sia successo?

        Mi dispiace se la mia risposta potrà suonare brusca e spero di non offendere nessuno, ma parlo in base alle mie percezioni e ai miei sentimenti, che non posso e non mi sembra giusto rinnegare.

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      7. Apprezzo molto la tua sincerità e capisco molto bene la tua posizione, anche se non la condivido. Mi dispiace che la nuova traduzione ti ha deluso – non perché la voglio difendere “a spada tratta”, ma perché a me è piaciuta e come sempre quando succede una divergenza del genere, mi dispiace che non posso condividere il mio piacere con qualcun altro. L’articolo dell’AIST non sostiene che i fan di vecchia data non può giudicare la nuova traduzione. Ma solo che arriva alla sua valutazione con un bagaglio e sono pochi capaci di ignorarlo. Se insistono troppo sulle reazioni negative è perché erano tante all’epoca. E una risposta ci voleva – perché molti venivano punto sulle pagine gestite dall’AIST per chiedere spiegazioni e esprimere le proprie emozioni. Sono pochi che non si fermano alla superficie, davvero pochi. Metà dei miei amici hanno detto che non compreranno mai la nuova edizione già a “Forestale” e a “Samplicio” – dell’esistenza dei quali hanno scoperto nemmeno dall’anteprima disponibile in rete, ma dagli articoletti con i titoli evocativi come “Come assassinare Tolkien” e simili. È il loro diritto non voler leggere la nuova traduzione, per qualsiasi motivo. Ma per criticare bisogna prima leggerla. Tutto qui. Se l’articolo dell’AIST da un’immagine semplificata del fandom è perché il fandom “se l’ha cercata” davvero e ha fatto del tutto per essere considerati fanatici troppo attaccati alla vecchia traduzione. E dovrei dire: continuano a farlo. Secondo loro , sono in maggioranza e già parlano del flop della nuova traduzione in base alle recensioni negative su Amazon e ibs (scritte, come loro stessi orgogliosamente sostengono, prima di aver letto la traduzione, per sentito dire). Insomma, un motivo dietro il tono usato nell’articolo ci sta e non è la colpa esclusiva dell’AIST o dei suoi membri.
        E poi, se l’AIST ha condiviso in anteprima la copertina e le prime pagine del libro, certo che aspettavano ogni tipo di reazione – anche perché la campagna contro la nuova traduzione è iniziata com un larghissimo anticipo, tirando in ballo Alliata stessa e persino Franco Cardini – ogni mezzo andava bene per screditare l’associazione e il suo lavoro.
        Detto tutto ciò, sottolineo di nuovo: non tutti i fan sono uguali. Ci sono quelli come te e ci sono quelli come me e altri ancora che assomigliano più a quelli paragonati agli Orchi. Spero che col tempo, le polemiche si calmeranno e ognuno potrà leggere la traduzione che preferisce senza dover difendere per forza la propria preferenza. Alla fine, è la questione dei gusti, delle diverse esperienze e bagaglio culturale. Per me sono validi tutti.

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      8. Spero anch’io che le polemiche si calmino, anche se ho paura che la cosa andrà avanti a lungo.
        Riguardo all’AIST, non ho molto altro da dire. Continuo a pensare che l’associazione avrebbe dovuto assumere un atteggiamento diverso – se non dopo l’uscita della traduzione, almeno prima. Ma non mi dilungo oltre, perché ho già detto abbastanza.

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    2. Ciao, Eowyn, ti aspettavo! Il motivo per cui ti ho citata è perché speravo che, in caso di qualche imprecisione in inglese, potessi aiutarmi – indipendentemente dal confronto con l’italiano. Correggimi se sbaglio, ma tra le due lingue quella che conosci meglio è l’inglese, no?
      Alla fine, in questa prima parte dell’articolo, non ho citato molti passaggi o analizzato molti vocaboli in inglese… però è possibile che nella prossima parte sia diverso, quindi una tua eventuale puntualizzazione potrebbe rivelarsi utile 🙂
      Riguardo alle poesie, siccome non me ne intendo, non credo che le analizzerò. Tra quelle della vecchia traduzione de “La Compagnia dell’Anello”, le mie preferite sono la canzone che gli Hobbit cantano a Crifosso la sera prima di entrare nella Vecchia Foresta e – ovviamente – il Poema dell’Anello. Quanto all’antica canzone del cammino di Bilbo, ci sono affezionata più per il significato che per la struttura e la resa dei versi. Non dico che le poesie della nuova traduzione siano peggiori, magari alcune sono effettivamente migliori… Ad analizzarle dovrebbe essere qualcuno con maggiori cognizioni di me, perché se già tradurre la prosa è complicato, figuriamoci la poesia! Ho visto che un paio di blogger che se intendono hanno detto qualcosa in proposito; magari più avanti metterò i link ai loro articoli. Comunque, se nella vecchia traduzione ci sono poesie che non mi hanno suscitato chissà quali emozioni, ammetto che lo stesso vale per la nuova traduzione… Diciamo che a prima lettura non ho percepito particolari differenze, ecco. Però, parlando di quelle poche poesie che amo davvero nella vecchia versione, il mondo in cui le ha rese Fatica non mi convince del tutto: il Poema dell’Anello mi sembra troppo poco musicale, la canzone degli Hobbit a Crifosso (anzi, Criconca 😀 ) non mi fa impazzire e quella di Bilbo la trovo eccessivamente “arcaicizzata”.
      Le filastrocche di Tom Bombadil sono tra quelle poesie che non mi hanno colpita in nessuna delle due versioni, lo confesso… ma forse leggendole in inglese cambierò idea!

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      1. Aspetto un commento sulle tue impressioni su Tom Bombadil in inglese! 🙂 è veramente un peccato che non è stato possibile rendere il suo modo di parlare adeguatamente. A mio parere, le poesie vere e proprie Fatica l’ha rese meglio (si può canticchiarle con lo stesso motivo dei versi originali, il ritmo è quasi identico. Certo, le scelte lessicali non sono sempre ideali – personalmente non mi piace “prescia” che usa in continuazione Tom di Fatica, giusto per dare un esempio senza andare a prendere il libro), ma la famosa prosa-poesia non è venuta bene. Gli italiani mi hanno detto che sia praticamente impossibile per colpa delle differenze tra le due lingue (che menzioni anche tu), capisco i limiti, ma mi dispiace lo stesso. Ognuno di noi vorrebbe una traduzione ideale, e per me la resa del linguaggio di Tom ne è una parte importante.

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      2. Hai ragione, ognuno di noi vorrebbe la traduzione ideale (che non può esistere, purtroppo!).
        Neanche a me piace “prescia”, sinceramente 🙂 Ad ogni modo, vedremo quale sarà la mia esperienza con le poesie in originale… Ammetto di essere molto curiosa!

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  3. Grazie per l’articolo, scritto e argomentato molto bene, e con uno stile molto pacato (forse troppo…).
    Personalmente ho sempre considerato la traduzione “storica” come molto, molto buona. Dopo aver letto l’opera di Fatica sono arrivato alla conclusione che la traduzione precedente è un capolavoro, e anche alcune scelte che prima trovavo discutibili (per dirne una: il termine “gaffiere”), ora mi sembrano estremamente azzeccate…

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    1. Ti ringrazio molto per i complimenti, Finrod! Credo che i toni siano davvero importanti, quando si affronta una discussione seria e complessa: far baccano attira di più l’attenzione generale, ma è controproducente e spesso anche sbagliato.

      La versione di Alliata ha i suoi pregi e i suoi difetti, com’è normale che sia. Alcune scelte restano migliorabili (e ci sono degli errori), ma nel complesso regala un’esperienza di lettura davvero bella, almeno secondo me 🙂 Quanto alla traduzione di “Gaffer”, forse non ci crederai ma la considero una delle cose più complicate della nomenclatura, almeno per quanto riguarda gli Hobbit. Infatti né “Gaffiere” di Alliata né “Veglio” di Fatica mi convincono pienamente… ma è difficile trovare un’alternativa!

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      1. sono assolutamente d’accordo per “gaffer”, è un buon esempio di come nessuna traduzione possa essere completamente soddisfacente. Ma leggere “veglio” mi ha tutto sommato chiarito che molti supposti “errori” della Alliata o non erano tali o forse inevitabili, e fare di meglio in quei casi è probabilmente impossibile (al di là dei gusti personali, per cui a qualcuno “veglio” può anche piacere).
        Poi chiaro che ci sono errori oggettivi nella traduzione “storica” (anche se la revisione del 2003 o 2004 li ha praticamente eliminati), ma quelle sono cose inevitabili, e infatti ci sono anche nella nuova versione (se ti leggi i commenti sul sito dell’AIST ci sono segnalazioni di punti in cui Fatica ha scritto Pipino quando nell’originale c’è Merry (e/o viceversa).
        Poi nella nuova ci sono cose assurde, oltre alle tante già evidenziate, ci sono le “blue butterflies” del gioiello che Tom sceglie per Baccadoro e che Fatica traduce come “licene”, nome che per quasi tutti non vuol dire niente, ma che chi conosce le farfalle sa che indica farfalle color arancio-bronzo (infatti in inglese si chiamano collettivamente “coppers”), perché Fatica le confonde con i Lycaneidae, o forse non gli piaceva il suono di quest’ultima parola e tradurre con un ovvio e semplice “farfalle blu/azzurre” o qualcosa del genere è una cosa che può fare giusto chi si improvvisa traduttrice…
        Se appunto almeno questa operazione non fosse stata portata avanti con l’hype di “ora arriva il professionista a mettere a posto il coacervo di errori della ragazzina…”….
        Di sicuro mi leggerò con attenzione la continuazione della tua recensione 🙂

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      2. Guarda, il modo in cui è stata presentata la nuova traduzione è il motivo principale per cui ho deciso di scrivere un articolo critico. Se Fatica e l’AIST non l’avessero fatta passare per il miracolo che avrebbe finalmente reso giustizia a Tolkien, a quest’ora io sarei stata più conciliante… anche perché avrei avuto molte meno aspettative (che invece sono state in gran parte deluse).

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  4. Questa nuova traduzione ha trasformato delle entità divine/angeliche incarnate in campagnoli, hobbit contadini in filosofi greci e il povero Frodo in un adolescente italiano medio.
    Parlando della traduzione e del rapporto con l’assetto politico di destra e sinistra, non sono particolarmente esperto di politica e sinceramente non mi interessa molto, però posso dire una cosa: Influenzare la traduzione di un testo con l’appartenenza a un particolare schieramento politico è una grandissima cavolata.
    Certo, alcune idee di Tolkien contengono messaggi che un certo partito può trovare simili alle proprie ideologie, ma influenzarne la traduzione lo trovo disgustoso.
    Poi sono d’accordo con te: Il Signore degli Anelli è un grande libro, non si può negare. Ma è anche un fantasy, e questo non deve sminuirne la bellezza.
    Anche Cronache del Ghiaccio e del Fuoco è un fantasy, anche se molto più realistico di LoTR, ma resta un fantasy.

    Ora, parlando solo ed esclusivamente della traduzione, posso dire solo una cosa che poi approfondirò quando e se parlerai del cambio dei nomi nel prossimo post. Come scrittore so che ci vuole una buona traduzione per rendere l’idea di cosa l’autore intendesse. Questo non significa fare il Cannarsi di turno utilizzare parole usate ogni morte di papa.
    E anche ad usarle, almeno poteva mantenere uno stile. Per quanti errori avesse la traduzione precedente, era scorrevole almeno. Questa sembrano le montagne russe della crusca.
    Alla prossima

    -La Follia mi scorre nelle vene

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    1. “Le montagne russe della Crusca” è un’espressione molto simpatica 😀
      Parlando della scorrevolezza, per l’appunto non riesco a capire come si possa dire che la versione di Fatica ha questo pregio. Non è che sia una lettura difficile, intendiamoci, ma il fatto di “inciampare” di frequente in termini che stonano, o comunque suonano artificiosi, non può rendere il testo scorrevole. La versione di Alliata sarà anche stata pesante a tratti, ma perlomeno riusciva a essere armoniosa e non ti faceva “uscire” di continuo dal testo…
      Sul fantasy vedo che concordiamo. E anche se non ho mai letto “Cronache del Ghiaccio e del Fuoco”, ho sempre sentito parlare bene di George Martin e della sua capacità di costruire trame e personaggi.

      Riguardo alla questione politica, penso che sarebbe dovuta rimanere fuori dal discorso traduzioni; ma sembra che l’AIST e la STI colgano ogni pretesto per tirarla in mezzo. Non dubito che, all’interno di entrambe le associazioni, ci siano membri che prendono le distanze dalla disputa ideologica, ma intanto a prevalere è chi fomenta lo scontro. E considerando che una delle due fazioni ha collaborato alla traduzione e l’ha sponsorizzata con ogni mezzo, era inevitabile che le cose andassero a finire male.

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      1. cara L, permettimi una correzione. Tu scrivi: “Riguardo alla questione politica, penso che sarebbe dovuta rimanere fuori dal discorso traduzioni;ma sembra che l’AIST e la STI colgano ogni pretesto per tirarla in mezzo. Non dubito che, all’interno di entrambe le associazioni, ci siano membri che prendono le distanze dalla disputa ideologica, ma intanto a prevalere è chi fomenta lo scontro. E considerando che una delle due fazioni ha collaborato alla traduzione e l’ha sponsorizzata con ogni mezzo, era inevitabile che le cose andassero a finire male.” Prima di tutto, né l’AIST, né la STI come associazioni non si sono mai pronunciati sula questione politica. Sarebbe più corretto a dire che alcuni membri delle due associazioni tirano in mezzo alle discussioni la questione politica, ma non le associazioni di cui fanno parte. L’AIST ha collaborato, sì, alla nuova traduzione, ovvero più correttamente – uno dei suoi membri, Giampaolo Canzonieri. E non è una persona scelta a caso, ma uno studioso delle opere di Tolkien e traduttore di alcuni dei suoi testi (adesso mi ricordo solo Sigurd e Gudrun, perché ce l’ho a casa, ma mi sembra che ha tradotto anche altro, non ne sono sicura però). Per quanto riguarda la sponsorizzazione, non capisco proprio a che cosa ti riferisci. Ha fatto la promozione della traduzione di Fatica? Se intendi questo, allora sì. Ma la promozione non è la sponsorizzazione. L’AIST non ha messo i soldi per sponsorizzare la nuova traduzione, questo è sicuro.

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      2. L’AIST e la STI non si saranno pronunciate sulla questione “Tolkien & politica”, ma se alcuni loro membri vi hanno fatto riferimento così spesso – almeno ultimamente – un motivo ci sarà. L’ho detto nell’articolo, non penso che tra l’AIST e la STI ci sia una netta contrapposizione sinistra/destra… eppure talvolta sulle associazioni rischia di riflettersi il comportamento dei singoli membri – quindi anche le prese di posizione politiche/ideologiche su Tolkien.
        Tornando alla questione specifica della traduzione: qui non sono in discussione le competenze dell’AIST (tantomeno di Canzonieri, il socio che vi ha collaborato più direttamente, come tu fai notare). È in discussione l’imparzialità, perché in questa faccenda l’AIST non è imparziale e bisogna riconoscerlo. Ha tutto l’interesse affinché la traduzione di Fatica venga letta, diffusa e comprata… e ovviamente non parlo di un interesse economico, quindi mi scuso se nell’altro commento ho utilizzato il termine “sponsorizzare”, laddove intendevo “pubblicizzare”.

        P.S. Mi aspetto anch’io che TheManiae dia qualche spiegazione in più sul suo commento. Non solo l’affermazione che tu hai preso in considerazione è abbastanza drastica; riflettendoci, l’idea che “Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” sia più realistico dell’opera di Tolkien mi dà da pensare… anche perché io non ho letto la saga di Martin, quindi vorrei saperne di più. (In che cosa può definirsi più realistica? Sarei sinceramente curiosa…)

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      3. Sto scrivendo dei commenti chilometrici stasera! 🙂 Sul “pubblicizzare” sono d’accordo, infatti – vedo che ti ho capito bene, nonostante il termine fuorviante. Comunque, sì, hanno contribuito e adesso spiegano, forniscono le spiegazioni e promuovono la traduzione alla creazione della quale hanno contribuito. Quindi, sì, proprio imparziali non sono, ma è comprensibile. Vorrei notare anche che non così tanto difendono le scelte di Fatica, quanto spiegano le loro motivazioni – è una cosa ben diversa.
        Sì, ” sulle associazioni rischia di riflettersi il comportamento dei singoli membri – quindi anche le prese di posizione politiche/ideologiche su Tolkien” – è vero. Purtroppo, aggiungerei. Perché, secondo me, bisogna distinguere le posizioni personali dei membri, specialmente se espressi altrove e non sulle pagine ufficiali delle associazioni che rappresentano) dalle posizioni delle associazioni stesse. Personalmente, vedo questa voglia di estendere la posizione di una persona su tutta l’associazione di cui fa parte solo da un lato – infatti, lo tirano in ballo, insieme ad altre polemiche che non c’entrano per niente con la questione di traduzioni vecchie o nuove, in continuazione, giusto perché “un po’ di m**da a ** ci sta sempre bene” (cito un commento reale).

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    2. “Questa nuova traduzione ha trasformato delle entità divine/angeliche incarnate in campagnoli, hobbit contadini in filosofi greci e il povero Frodo in un adolescente italiano medio.” – è un’affermazione molto forte se non è supportata da qualche fatto. Potresti fornire una spiegazione per il tuo punto di vista?

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  5. anche se non sono TheManiae provo a dire perché Martin è più “realistico” di Tolkien.
    In realtà forse il termine più corretto è “più crudo”, ma in un certo senso è vero che è più realistico… per certi versi leggere GoT è come leggersi un complesso (e abbastanza pesante) libro di storia. Martin è uno scrittore molto bravo, anzi i suoi libri direi una delle tante dimostrazioni (spero di non essere troppo polemico nei confronti della Scudiera) che il fantasy ha eccome sviluppato il suo potenziale, e che Tolkien è tutto fuorché l’unico ad “andare oltre”, ma ad un certo punto della saga ho iniziato ad annoiarmi e a pensare “ma per leggere roba così perché non mi leggo un tomo sulla guerra dei 30 anni, che sicuramente è meno complicato”?
    Ci sono veramente tanti autori fantasy molto bravi e che nelle loro opere ci parlano di fulmini e non di lampioni, per fare qualche nome: Michael Scott Rohan, Moorcock (che come Martin personalmente non mi fa impazzire, ma che è un signor scrittore), Gene Wolfe (di cui sto leggendo The Wizard Knight, e che ho scoperto mentre scrivo questo commento che ci ha lasciato lo scorso aprile…), Michael Swanwick, il misconosciuto ma bravissimo fanta-sinologo Barry Hughart, Jack Vance che è spesso guardato dall’alto in basso perché molto prolifico (e quindi “commerciale”) ma la cui trilogia di Lyonesse è molto bella, o quello che per me è il più bravo scrittore fantasy contemporaneo, Guy Gavriel Kay (e che infatti è stato, giovanissimo, il curatore del Silmarillion con Christopher Tolkien, e anche lui ci ha appena lasciato…).
    Insomma, non c’è alcun bisogno di far arrivare Tolkien e il LotR allo scaffale dei libri seri, era già lì, da sempre.

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    1. Non c’è alcun rischio di “essere troppo polemico nei confronti della Scudiera” 🙂 – la letteratura fantasy non è il mio campo e quindi non mi pronuncio sulle opere che non ho letto. Hai menzionato tanti nomi che non conosco (tranne Moorcock – perché criticava Tolkien, G.G.Kay – per il Silmarillion e Martin – perché ne parlano tutti e nel mondo di oggi mi sembra impossibile di non conoscere il suo nome). Sarei felice di sapere che mi sbaglio nel mio giudizio formato, come ho già menzionato in un altro commento, in base alle esperienze negative con i libri fantasy. Forse, alla fine, mi hanno sempre consigliato gli autori sbagliati. Forse è la colpa dei miei gusti personali. Ma l’immagine dei libri fantasy che si è, a quanto pare, creata non solo nel pubblico generale, ma anche nei fan del genere è… come dire? Fuorviante, se volete (non è la parola giusta, ma per adesso non mi viene in mente una migliore). Semplificata. Un libro fantasy deve avere draghi e stregoni, razze inventate, qualche forma di magia, una netta divisione tra il bene e il male… Mi sembra che ciò basta per classificare un libro come fantasy, no? E molti libri (spero davvero di sbagliare e che questi rappresentano una minoranza) non vanno oltre. La trama è debole, spesso secondaria (per non dire “plagiata”), i caratteri non sono sviluppati, non c’è alcun conflitto che potrebbe rendere la storia interessante, unica del genere. E poi ci sono i libri che vanno oltre – come Tolkien. Riflettendoci bene, arrivo alla conclusione che i libri classificati come fantasy che mi piacciono sono sempre “fuori” del genere, perché magistralmente mescolano insieme diversi generi, espandono i limiti e i confini di un genere letterario. Così è l saga di Harry Potter, così sono i libri ambientati in Mondo Disco. Così sono i libri di Tolkien. E tornando a questo ultimo – quando i fan si lamentano di una copertina strana che non è adatta per un libro fantasy (ma per un classico andrebbe benissimo – ripeto, sono i miei gusti strani, ma sono una di pochi a cui davvero piace la copertina “marziana”, e se toglierla si apre l’elegante bellezza della copertina bianca con le scritte dorate, degna di un classico di letteratura) – ho la sensazione che la vogliono a tutti costi mantenere nell’angolo “del genere”. Quando si lamentano che il traduttore che non ama fantasy non dovrebbe avere il diritto di tradurre Tolkien – lo vogliono mantenere nell’angolo “del genere”. Quando insistono che lo stile deve essere sempre epico perché è un libro fantasy, ignorando la complessità e la polifonia del romanzo tolkieniano – lo vogliono mantenere nell’angolo “del genere”. A un libro classico è permesso invece tutto – perché parla non solo con gli appassionati del genere, ma con tutti. Non ha paura di una copertina fuorviante, non cerca di mantenere lo stesso stile e la stessa musicalità dalla prima all’ultima pagina – perché non è l’uniformità di stile che lo rende un classico…
      Ho scritto tanto, ma non sono riuscita neanche minimamente spiegare il mio punto di vista. Pazienza. Forse un giorno ce la farò.

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      1. Trovo che tu abbia azzeccato il termine dicendo che il fantasy ha un’immagine fuorviante (anche per colpa di esponenti del genere che hanno scritto opere scadenti). Mi è capitato più volte di vedere gente che lo sminuisce, considerandolo un genere troppo distaccato dalla realtà, completamente irrealistico… perché si parte dal presupposto che le opere importanti parlino della realtà. Il punto è che anche il fantasy lo fa, a suo modo… solo che certe persone non se ne rendono conto.
        Non penso che un libro fantasy debba avere per forza draghi, stregoni e magia, quanto piuttosto la presenza dell’elemento soprannaturale – in qualsiasi modo venga declinato. Ma forse neanch’io mi sto spiegando bene e ci sarebbe bisogno di qualcuno più esperto di me in merito.

        Tornando a Tolkien, penso semplicemente che sarebbe stato bello dare la possibilità a un illustratore o a un’illustratrice di occuparsi della nuova copertina… Non necessariamente per dare un’atmosfera fantasy, l’illustrazione poteva essere anche molto semplice, per esempio riproducendo un paesaggio verde che rappresentasse la Contea. Ci sono pure in Italia artisti/e talentuosi/e che amano le opere del Professore, perché non dare a qualcuno/a di loro una possibilità?
        In tutta onestà, credo che a molte persone la copertina sembri solo bruttina e anonima, indipendentemente dal fatto che non sia una tipica copertina fantasy… ma magari mi sbaglio, chissà.
        Un discorso sullo stile di scrittura, invece, è troppo lungo per essere affrontato adesso… Meglio rimandare XD Potrai sicuramente dire la tua quando, nella prossima parte del mio articolo, parlerò dei registri linguistici ne “La Compagnia dell’Anello”.

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      2. Che si poteva invitare un illustratore per creare una copertina degna dell’opera sono d’accordo. Lo potevano fare, ma hanno scelto di non farlo. Pazienza. Per me non è il fine del mondo, in quanto non giudico il libro dalla copertina e non li compro in modo che facciano una bella figura nella libreria. Questa non mi dispiace. Anzi, mi piace proprio. Ma non dico che sia la miglior scelta possibile. Sono stata oggi nella libreria e ho fatto caso delle edizioni dei classici presenti. C’è un imbarazzo di scelta, per quanto riguarda lo stile.

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  6. Arrivo qui con un po’ di ritardo – quanto basta perché sia un po’ troppo. Come sempre, l’argomento genera fiumi di parole e di commenti; a cui non posso più aggiungere nulla, proprio perché ne avrei troppo.

    Voglio però porgerti i miei complimenti per aver scritto un articolo che ho letto con piacere e con interesse. Ti confesso che, dopo aver letto le tue premesse, ho pensato di rimandare la lettura per mancanza di tempo; ma oramai ne ero già rapito. Attendo con ansia il seguito!

    ~Kelo

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    1. Grazie mille per i complimenti!
      Purtroppo ho un enorme difetto come blogger: non sono sintetica. I miei articoli non sono quasi mai brevi, specialmente se fanno parte della sezione “Analisi di una Lettrice” 😀 Mi rendo conto che questo può essere anche scoraggiante, ma non riesco proprio a evitare di scrivere molto! Però sono contenta che tu sia riuscito ad apprezzare comunque il mio articolo 🙂
      La seconda parte arriverà chissà quando, perché il lavoro è lungo e poi ho altri impegni in questo periodo… ma spero non passi troppo tempo!

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    2. Ciao Kelo! Posso cogliere l’occasione per fare complimenti per i tuoi post a proposito? Sono una che scrive i commenti chilometrici 😂, e per me è una cosa inusuale, di solto il mio difetto è l’esatto contrario – mi esprimo in un modo troppo sintetico. L’argomento è molto divisorio, ma è capace di generare anche delle discussioni interessanti – proprio lì dove non c’è un consenso totale.

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      1. Grazie mille Eowyn! Personalmente, sto riscoprendo solo di recente il valore della sintesi; impossibile non citare a questo proposito Blaise Pascal – e la sua lettera troppo lunga proprio per via della mancanza di tempo per scriverne una più breve:

        Miei Reverendi Padri, le mie lettere non eran use a susseguirsi così dappresso né a esser così lunghe. La scarsità del tempo a mia disposizione è stata la cagione dell’una e dell’altra cosa. Questa lettera è più lunga delle altre perché non ho avuto agio di farla più breve.Le provinciali, Blaise Pascal

        E come non menzionare anche Verbale Scritto di Bruno Munari? ❤
        Tanto mi è piaciuto, che ho voluto omaggiarlo con un haiku – non a caso, altro emblema di essenzialità.

        Morale della favola: non sottovalutare il tuo dono! 🙂

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  7. “Probabilmente faccio parte di una minoranza, però dubito di essere l’unica appassionata a partire da una prospettiva simile”
    Ma no, non sei, non siamo nella minoranza. Questa traduzione piace veramente a pochi. Poi per carità, anche a me spesso piacciono cose di nicchia, ma Tolkien non è (non era) questo.
    Le reazioni on line sono piuttosto significative, a parte il cerchio magico di chi è coinvolto nell’operazione sono veramente pochi i giudizi positivi. E se uno non ci crede ci sono i ranking di Amazon che sono piuttosto significativi, E se uno non crede neppure a quello c’è la Bompiani (notizia di un paio di giorni fa) che sta facendo ritirare le copie in conto vendita perché se nelle librerie (virtuali o fisiche che siano) ci sono entrambe le edizioni quella nuova non la comprano.

    Aggiungo una cosa sui troll e sul fandom marcio: ci sono, verissimo, ma ci sono da entrambi i lati dello schieramento.Tipo quelli che se ti permetti di fare una critica ti ribattono con un “ah, ma tu non hai letto”, anche quando fai riferimenti molto specifici, e che imho hanno frenato molte critiche diciamo “non urlate” come la mia… però così ho scoperto questo blog e alla fine ci ho guadagnato 🙂

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    1. Intendevo dire che sono parte di una minoranza perché non ho particolari problemi con i cambi nella nomenclatura, in quanto a me interessa l’EFFICACIA dei termini scelti da Fatica. Non mi scandalizzo per i cambiamenti in sé per sé, anche se riguardano nomi a cui sono abituata…
      Non mi fiderei particolarmente delle recensioni su Amazon e cose simili, perché ci sono state diverse persone che hanno giudicato l’operato di Fatica senza conoscerlo abbastanza. Insomma, la situazione è un po’ particolare. Sarebbe stato meglio un lancio molto più “tranquillo” della nuova traduzione, ma ormai purtroppo è andata com’è andata.
      Riguardo al ritiro delle copie della vecchia traduzione (notizia che è arrivata anche a me), è un esito della controversia tra la Bompiani e Vittoria Alliata: diritti scaduti, contratti, clausole…

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      1. non credo sia una questione della ben nota controversia, se le stanno ritirando vuol dire o che l’Alliata ha vinto (e sicuramente non si è ancora arrivati ad una sentenza) o che sono sicuri di perdere, e per quanto io possa anche essere del #teamAlliata in questa faccenda non mi pareva poi tanto sicura la cosa, anzi quelli “bravi” sono andati in giro a dire che è solo una pazza e che una sua vittoria andrebbe contro a come va tutta l’editoria italiana.
        Le recensioni di Amazon sono lo stesso discorso di sopra: se è sicuramente vero che alcune di quelle negative fatte 2 giorni dopo la pubblicazioni erano fatte da chi non conosceva “abbastanza” la traduzione, lo stesso in teoria dovrebbe valere per quelle, poche, positive ma guarda un po’… non è così, quelle vanno bene.
        A parte che quando è uscita l’anteprima su kobo books io mi sono messo davanti allo schermo con la versione inglese e la traduzione “storica” e nel giro di un paio d’ore una idea piuttosto informata me l’ero fatta, quindi non era necessario aspettare chissà quante settimane o mesi per critiche diciamo “legittime”.

        D’accordo con quello che scrivi sui nomi (poi ci sarebbe da argomentare ma non voglio prendermi troppo spazio).

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      2. Dei nomi torneremo a parlare appena affronterò io stessa l’argomento, nelle prossime parti dell’articolo. Quindi ti aspetto, perché mi interessa molto conoscere il tuo parere in proposito 🙂
        Su Alliata e Bompiani… io so solo che la traduttrice esigeva il ritiro della sua traduzione dagli scaffali, perché la casa editrice non le aveva rinnovato il contratto nonostante fossero passati due anni, e per altri motivi legati a questa cosa. Il fatto che adesso la traduzione sia stata ritirata significa che lo scopo di Alliata è stato raggiunto, ma non ho idea di come si sia posta la Bompiani sulla cosa…

        Più le opinioni sono ragionate e motivate, più io sono contenta. Se ne sono state scritte anche su Amazon e siti simili, tanto meglio. Mi auguro che emergano sempre più pareri sensati ed espressi con calma.

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  8. In definitiva, da questa tua analisi emerge abbastanza chiaramente come il nuovo traduttore abbia peccato di una certa arroganza, e si sia voluto porre in contrasto con la precedente in modo abbastanza gratuito. Di conseguenza, come accadeva nelle tragedie greche, la sua ubris è stata punita dalla ricezione negativa del suo lavoro.

    Non l’ho letto, ma, giudicando in base ai passaggi da te riportati, non vedo alcun motivo per preferirlo alla prima traduzione. Inoltre, ormai per me quella ha un significato affettivo, e difficilmente potrei rinunciarvi. Questo non è certo un criterio di valutazione valido, lo so, ma un Frodo che dice “che schifo” proprio non posso immaginarmelo.

    Tra l’altro, ventiquattro euro! Porco Morgoth, ma costa cara assai questa nuova traduzione!

    PS: Una piccola nota sulla tua osservazione

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    1. Continuo qui, scusa.

      Dicevo, una piccola sulla tua osservazione riguardante coloro “che si rifiutano di leggere “Il Giornale”, oppure lo considerano inaffidabile a prescindere”: io sono fra queste persone. Non dimentico i loro titoli osceni e il loro vile servilismo nei confronti di Berlusconi, al tempo degli scandali riguardante la prostituzione minorile, e non perdono nulla. Nonostante ciò, sono d’accordo: è il caso di ascoltare quello che hanno da dire.
      Specie in un caso come questo, dove i loro avversari di Repubblica paiono dare spazio a un soggetto arrogante come Fatica. Tuttavia, nell’intervista su Alliata io ho letto alcune insinuazioni velate, come questa:

      “forse per prendere il tempo necessario a travestire Il Signore degli Anelli in foggia Lgbt in ossequio al nuovismo”

      A te che l’hai letto, posso chiederlo: c’è anche un solo grammo di verità?

      Quindi, io capisco benissimo che Alliata abbia voluto difendersi, e abbia accettato il loro aiuto, ma dobbiamo essere consapevoli che lei e quelli del Giornale ne abbiano approfittato per fare insinuazioni che sono subito diventate bufale (ricordo bene che, al tempo di questa diatriba, su giornalacci come “Il Primato Nazionale” comparivano articoli sul fatto che avrebbero reso gay Il Signore degli Anelli). In altri termini, ne hanno subito approfittato per fare disinformazione, anziché limitarsi a raccontare i fatti, perfino stavolta che giocavano a loro favore, per dire.
      Tutto ciò mi porta solo a ribadire il mio disprezzo nei loro confronti.

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      1. in attesa della risposta di L scrivo qualcosa io 🙂
        Tralascio la polemica politica…
        Il prezzo a dire il vero, forse complice le vendite non esaltanti, è sceso a “soli” 20 Euro.
        La cosa che citi sul “travestimento lgbt” è una (stupida e inutile) battuta dell’Alliata, generata dal fatto che Fatica aveva dichiarato che la sua nuova traduzione del Moby Dick metteva in luce una omosessualità che tutti prima di lui avevano cercato di nascondere. Tra l’altro è interessante come Fatica si fosse posto nei confronti di Cesare Pavese in modo molto simile a come ha fatto con l’Alliata, infatti a suo dire anche Pavese era solo un ragazzo, che conosceva poco l’inglese, faceva molti errori…
        Quindi no, non mi sembra ci sia nulla di “vero”, ma era appunto solo una battuta che è stata ingigantita, e che peraltro mi pare sia sostanzialmente sparita da quando è uscito effettivamente il libro.

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      2. Per quanto riguarda il prezzo, sin dall’inizio il libro era possibile acquistare su Amazon e altre piattaforme online con uno sconto e quindi a 20 euro (mi sembra che all’inizio erano addirittura 17, quando il libro era ancora in pre-ordine). È la politica dei negozi online, niente di straordinario.
        Curiosamente “una battuta che è stata ingigantita” è proprio la frase che descrive a perfezione anche i famosi “500 errori per pagina” di Fatica… invece i riferimenti ai politically correct vari, purtroppo, non sono spariti del tutto, anche se è vero che si vedono in giro molto di meno.

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      3. Guarda, Evgenij, io parto da un semplice presupposto: l’informazione completamente libera non esiste. Qualsiasi testata, pur raccontando i fatti, lo farà sempre in base a una determinata prospettiva. Poi è ovvio che c’è caso e caso… Esistono casi di palese schieramento (in primis politico), com’è vero per “Il Giornale”; ed esistono tentativi di mantenere maggior distacco e imparzialità.
        In questa situazione specifica, ad ogni modo, l’intervista per “Il Giornale” è stata la prima risposta che Vittoria Alliata ha dato in merito al problema della traduzione. Era giusto perciò che io riportassi la sua versione dei fatti, indipendentemente da quale testata l’avesse resa pubblica.
        Riguardo al “nuovismo LGBT”, ovviamente non se ne trova traccia nella traduzione; ma come dice Finrod, e come io stessa ho lasciato intuire nel mio articolo, probabilmente quella è stata solo una stupida frecciatina contro Fatica, originata dalle dichiarazioni passate del traduttore sull’omosessualità in “Moby Dick”. Poi, che alcune persone abbiano preso sul serio – o fatto finta di prendere sul serio – la frase di Alliata, per strumentalizzare la cosa, è un altro discorso.
        Ho avuto occasione di ascoltare gli interventi della traduttrice al Raduno di San Marino e al più recente convegno all’Università di Macerata; fondamentalmente teme che l’opera di Tolkien venga banalizzata e strumentalizzata, ma non credo che si aspettasse di trovare davvero “il gender” nella nuova traduzione. Non ho avuto affatto questa impressione mentre la ascoltavo. Sia chiaro, non condivido i suoi timori, né alcune sue osservazioni, ma se non altro adesso ho un’idea più precisa del suo pensiero. A conti fatti, la cosa più giusta è ascoltare entrambe le campane – ed è ciò che sto cercando di fare.
        Grazie per il commento!

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  9. Rispondo alla Scudiera.
    Riguardo alla “battuta” di Fatica, no, no e ancora no. Sono due frasi e due contesti totalmente differenti.
    Quella di Alliata è una illazione chiaramente espressa come tale, e una battutaccia che poteva risparmiarsi.
    Quella di Fatica è ovviamente una metafora, e non cambia nulla dire che ci sono 500 (sappiamo tutti che non ci sono tante parole in una pagina) o 5. In entrambi i casi è un giudizio, non un’illazione, non una battuta e infatti Fatica ha anche detto che Principe e Zolla avrebbero dovuto cassare la traduzione dell’Alliata e rifarla da capo. Oltre al fatto che NON è assolutamente vero che ci siano 5 errori per pagina, quelli che Fatica chiama tali sono scelte stilistiche diverse dalle sue, ma che sono altrettanto legittime delle sue.
    La frase di Alliata è una mela, quella di Fatica una pera.

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    1. Non insisto, ma sin dal giorno della famosa presentazione della nuova traduzione durante il Salone del Libro a Torino ho percepito la frase di Fatica sempre e solo come una sfortunata iperbole. Un parere personale che mi ha costato tanto, ma continuo a pensare così. Mi dispiace.

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      1. Personalmente non ho mai preso molto sul serio la cosa dei cinquecento errori a pagina… e non credo sia il vero problema. Il problema è stato proprio l’atteggiamento di Fatica in generale: ha accompagnato ad alcune osservazioni e obiezioni sensate delle critiche assolutamente pretestuose. L’intento mi è parso quello di sminuire il lavoro di Alliata per esaltare il proprio, sin dall’inizio.

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      2. Le mie impressioni dalla presentazione sono state invece l’esatto contrario. A parte i 500 errori non mi ricordo proprio delle critiche che possono essere considerate pretestuose… Il tono – questo è vero – non è stato scelto bene. Ma le critiche che ha mosso l’ho trovate sensate. Parere personale, ovviamente. Forse, è perché alcune di queste critiche condividevo già? Non ero affezionata alla vecchia traduzione? (Come, tra l’altro, non sono neanche affezionata a quella nuova. Mi piace, sì, ma è solo una traduzione, una di diverse che ho letto). Non posso spiegare insomma perché percepisco tutto questo discorso in un modo diverso.

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      3. Non so cosa dirti. Certe critiche di Fatica sono state sensatissime, per esempio quando ha fatto notare che Alliata inseriva delle aggiunte. Eppure, quando ha detto che nel testo originale non c’è il termine “posizione” e non c’è “devo riconoscere” (vedi il pezzo del mio articolo in cui mi soffermo su queste affermazioni del traduttore), o quando ha parlato del conteggio dei righi… per me risulta impossibile non trovarlo pretestuoso.

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      4. Per quanto riguarda il conteggio di righe – è il modo più semplice per dimostrare che il testo si è allungato e parecchio – parliamo di un pezzetto piccolo – e 8 righe sono diventate 12. È davvero tanto! Certo, con 9 o anche 10 righe non ci sarebbe così tanta differenza (alla fine nell’italiano ci sono più parole lunghe, quindi la lunghezza del testo tradotto si allunga inevitabilmente quasi sempre rispetto all’inglese).

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      5. Posso capire, però non condivido. Avrei preferito che Fatica leggesse direttamente il paragrafo tradotto da lui, e poi facesse delle osservazioni critiche, senza alcun conteggio. Certo, la differenza di righi in questo caso è abbastanza notevole, ma ritengo che il numero di righi sia l’ultima cosa di cui debba preoccuparsi un traduttore. Forse esagero. D’altra parte, ho visto anche gente imputarsi sul numero di parole (della serie: “Bosco Atro” non è abbastanza fedele all’originale perché sono due parole e non una)… quindi ormai non mi stupisco più di nulla.

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      6. Certo, non è un fattore di grande importanza, il numero di righi. Io ho visto questo argomento come un modo molto immediato di dimostrare come le scelte di Alliata hanno allungato il testo, senza leggere troppo “tra righi”. Per quanto riguarda “Bosco Atro” non mi pronuncio neanche io. L’argomento è assurdo. Come è assurda la critica della scelta di Fatica di tradurlo con “Boscuro”. Per me sono due scelte ugualmente legittime e con pochissima differenza nel suono e nel significato. Comunque, su una cosa penso che possiamo essere d’accordo (mi piace trovarli, specialmente quando sono rari 🙂 ) – se Fatica si fosse limitato solo alla lettura della propria traduzione l’impressione sarebbe stata diversa. Molto diversa. Ma ormai non lo sapremo mai.

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      7. Poi va bene, parliamo della posizione pericolosa. Siamo sicuri che “it” riferisce alla posizione in cui si è trovato Frodo? Ho appena riletto tutto il passaggio in inglese e ho notato – in tutti il paragrafo che precede “it was dangerous for you” Gandalf usa “it” parlando dell’Unico. In ogni singola frase. Guarda:
        “Let you? Make you?” said the wizard. “Haven’t you been listening to all that I said? You are not thinking of what you are saying. But as for throwing IT away, that was obviously wrong. These Rings have a way of being found. In evil hands IT might have done great evil. Eirst of all, IT migut have fallen into the hands of the Enemy. Indeed IT certainly would; for this is the One, and he is exerting all his power find IT or draw IT to himself”.
        Come minimo, direi che l’interpretazione che ha dato l’Alliata non è completa. Rileggendo più volte mi chiedo – che cosa era pericoloso per Frodo? L’Anello? La sua posizione? Forse tutti e due? Alliata ha fatto una scelta che ha reso il passaggio meno equivoco, ma l’ha interpretato correttamente? Forse sì, forse no. Insomma, la critica di Fatica a proposito di questa aggiunta non è così insensata. Ma comunque ti ringrazio per avermi riportato questo passaggio come esempio, adesso mi è più chiaro che cosa intendi. Temo che sono scelte molto soggettive ed è difficile spiegare come uno le percepisce e perché.

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      8. Grazie a te per il contributo alla discussione. Anche se non concordiamo su alcune cose, so che con te si può sempre impostare un dibattito costruttivo. Domani rileggerò anch’io il passaggio, sia in italiano che in inglese, e ti farò sapere, alla luce delle tue osservazioni, cosa ne penso.

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      9. Ho riletto.
        Diciamo che “it” si riferisce all’Anello nella frase “it was dangerous for you” (non ci avevo pensato, ma dopo che me l’hai fatto notare lo ritengo alquanto plausibile). Il punto è: cosa capiamo dalle due traduzioni italiane?
        Personalmente, mentre leggevo Fatica, ho dato per scontato che “per te era pericoloso” fosse solo un modo per dire che Frodo era in pericolo. Non ho pensato che l’Anello potesse essere il soggetto della frase – anche se in teoria è possibilissimo, essendo il soggetto della frase precedente. Conta che non avevo ancora fatto il lavoro d’analisi, né visto il video dell’intervento del traduttore al Salone del Libro di Torino. Forse dipende dal fatto che la frase è a capo rigo, quindi l’ho presa come un’affermazione a sé stante, che non condivideva il soggetto con le precedenti, collocate nei righi sopra?
        Alliata ha interpretato il passaggio in maniera differente, pensando che “it was dangerous” si riferisse alla situazione generale di Frodo, non all’Anello. Ha sbagliato? Può essere, ma a questo punto non sarebbe stato meglio spiegare bene la questione? Fatica non ha fatto alcun riferimento al paragrafo precedente, in cui il soggetto era l’Anello; si è limitato a parlare di aggiunta. Così come ha detto che “devo riconoscere” è un’aggiunta, quando chiaramente si tratta di una traduzione molto libera, quasi una sorta di parafrasi, di “of course”. Insomma, il modo di fare del traduttore continua a non convincermi. Lo trovo troppo orientato a “smontare” il lavoro della sua collega.

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      10. Ecco, vedi – si può interpretare la frase in inglese in due modi. È piuttosto equivoca. Questo si mantiene meglio nella nuova traduzione, mentre la vecchia permette solo una interpretazione. È proprio quello che ho scritto io. Se è una critica convincente e ragionevole, come si può vedere, è una domanda che ogni lettore risponde a modo suo.

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      11. Lo ha scritto tu, non l’ha detto Fatica… Questo è il problema 😀 Se bisognava criticare questo passaggio, bisognava farlo in maniera precisa e senza generare fraintendimenti. Invece Fatica non ha fatto altro che dire “questa è un aggiunta, quest’altra non c’è nel testo originale”… a mo’ di lista della spesa. Ribadisco, “posizione” non è un’aggiunta, è semplicemente una scelta traduttiva diversa. Discutibile? Certamente. Ma che venga spiegato il motivo per cui lo è, allora.

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      12. Ammetto che non ho riascoltato il suo intervento da due anni 🙂 la mia prima impressione l’ho già riportata, altro non ho da dire. Il tono poteva essere diverso, ma fondamentalmente la sia critica ci sta. Poi se guardare caso per caso si trova del tutto, ammettiamo anche questo. Ha un approccio diverso alla traduzione, questo è ovvio. Quindi presumo che anche che cosa considerare un errore cambia. Non ho mai guardato con una lente di ingrandimento la vecchia traduzione e neanche quella nuova. Solo alcuni passaggi. Se li commenti – potrò dire la mia quindi. Aspetto la prossima parte della tua analisi con interesse!

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  10. buongiorno, copincollo una cosa (lunga…) che ho scritto su un forum “generalista” che frequento, se lo trovi eccessivo (alla fine questo spazio è per commenti, non per articoli…) cancella pure senza “pietà” 😉

    Scrivo un paio di cose sulla nuova “traduzione”, in particolare in risposta ad una domanda che mi ha fatto […].
    Ci sarebbe… o avrei anche troppo da scrivere, mi limito a due punti (già così viene fuori una lenzuolata):
    – c’è il dialogo tra Frodo e Gandalf in cui ad un certo punto avviene questo scambio di battute:

    F What a pity that Bilbo did not stab that vile creature, when he had a chance!’
    G Pity? It was Pity that stayed his hand.

    Questo passaggio è tradotto così da Alliata/Principe:

    F Che peccato che Bilbo non abbia trafitto con la sua spada quella vile e ignobile creatura quando ne ebbe l’occasione!”.
    G Peccato? Ma fu la Pietà a fermargli la mano.

    Ora lo stile è più verboso che nell’originale (dove la spada non è esplicitata, e per l’uso della dittologia), il che può piacere o no, a me per dire piace, e molto, d’altra parte inglese e italiano sono lingue diverse, e una cosa del genere è abbastanza inevitabile, se non si traduce un testo tecnico ma narrativa. Ma la cosa importante è che sia il contenuto che il tono dell’originale ci sono: c’è Frodo che vorrebbe solo Gollum morto, e Gandalf che introduce una prospettiva diversa, e la pietà.
    Questa invece è la traduzione di Fatica:

    F Ma per pietà, perché Bilbo non ha trafitto quell’ignobile creatura quando ne ha avuto l’occasione?
    G Pietà? È stata la Pietà a fermargli la mano.

    Questa traduzione non è solo problematica perché trasforma la frase molto chiara e decisa di Frodo in una frase posta in forma dubitativa, gli mette proprio in bocca un concetto, la pietà, che lui assolutamente NON ha, sembra quasi che per Frodo uccidere Gollum, una creatura così disgraziata e rovinata, sia un atto di pietà, mentre per Gandalf sia un atto di pietà tenerlo in vita.
    E questo è un errore gravissimo, e non perché così sembra quasi un surreale dialogo tra un sostenitore ed un oppositore dell’eutanasia, quanto perché Frodo nel testo originale svilupperà sì una forte pietà nei confronti di Gollum, ma solo molto più avanti, dopo averlo incontrato e in un certo senso aver vissuto e sofferto come lui.
    Tolkien può fare questo gioco di parole perché pity contiene il concetto di pietà, ma “what a pity” assolutamente, assolutamente NO, vuol SOLO dire “che peccato”. Chiaro che in italiano non puoi fare lo stesso gioco di parole, e se come Fatica lo fai… allora stravolgi il testo.
    Trovo incomprensibile che un traduttore esperto possa fare uno sbaglio simile.

    – secondo punto, meno grave perché alla fine è un nome geografico che compare ad un certo punto ma poi non influenza più di tanto lo sviluppo successivo della storia. C’è questo fiume nella Contea, nella Terra di Buck (o se amate l’orrido, nel Landaino) che nell’originale si chiama Withywindle, e magistralmente tradotto dall’Alliata come Sinuosalice. Fatica lo traduce come Circonvolvolo, perché vuole fare una cosa diversa dalla traduzione della ragazzina che si era improvvisata traduttrice facendo 500 errori a pagina (peraltro per il Nostro anche Cesare Pavese era solo un ragazzino che conosceva poco l’inglese quando tradusse Moby Dick) e quindi travisa le indicazioni di Tolkien per la traduzione del nome, che è costruito in modo simile a come viene chiamato anche il convolvolo (e molte altre piante, tra cui il Bog Myrtle che almeno avrebbe avuto un senso visto l’ambiente) ma che non c’è alcun dubbio, proprio alcuno che indica un fiume… sinuoso e bordato da salici. Potrei allegare un paio di pagine che mi ha scritto una botanica anglo-irlandese (e che ha pure studiato a Oxford abbastanza tempo fa da essere una studentessa anche dello stesso JRRT) su questo specifico punto, ma ho scritto anche troppo, e quindi basta 🙂

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    1. Non preoccuparti per la lunghezza del commento, scrivi pure quanto vuoi!
      Il secondo punto che hai sollevato riguarda la nomenclatura, quindi potremo discuterne meglio in futuro (se tutto va bene!). Riguardo al primo punto: la domanda di Frodo, nella versione di Fatica, può anche essere una domanda retorica, quindi non vedo il problema… Più che altro, l’esclamazione sembra fuori contesto. In italiano “per pietà” si usa per implorare qualcuno, è un po’ come dire “ti prego” (anche se “ti prego” è più utilizzato, ovviamente). Ma Frodo non sta esprimendo una supplica o una richiesta d’aiuto, sta manifestando rimpianto per quello che è accaduto… quindi sì, Fatica non sembra tenere conto della resa in lingua italiana della sua traduzione. È vero che in Frodo c’è una nota di disperazione, ma non sta supplicando disperatamente, si sta disperando perché rimpiange che Bilbo non abbia ucciso Gollum, cosa che ha finito per mettere lui, Frodo, nei guai. Non è la stessa cosa.

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    2. No, mi dispiace. Ma “per pietà”, secondo me , è una trovata molto buona (ho una tentazione di chiamarla “geniale”, ma per la mia natura cerco di evitare le affermazioni troppo forti). Perché il nocciolo di questa conversazione è: Frodo usa un’espressione comune senza pensare, ma Gandalf reagisce subito e fa risalire il vero significato della parola “pietà” che Frodo usa leggermente, senza pensare. A mio modesto parere, rendere i due significati diversi qui è fondamentale. Ci sono altri punti dove Fatica poteva fare un lavoro migliore, ma questo passaggio è stato reso molto bene. Ho apprezzato tantissimo che ha mantenuto il gioco di parole.
      Per quanto riguarda il Circonvolvolo, sono d’accordo. È uno di pochi termini dove tutti convengono che il traduttore ha interpretato in un modo sbagliato le indicazioni dell’autore nella Guide.

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      1. Conosco almeno una persona che la nuova traduzione non l’ha comprata per questo (grave) errore. E ovviamente non parlo del convolvolo.
        Il problema della traduzione di Fatica è che non solo in questo caso sembra fatta come esercizio didattico: “prendi quella frase e mantieni il gioco di parole”. E l’allievo prende la frase, mantiene il gioco di parole, e si prende lode e buon voto.
        Solo che l’ha fatto a scapito di tutto il resto. Lo so che quella di Frodo è una espressione di disappunto, ma è inserita in un contesto, un contesto in cui se lo leggi in inglese il significato del gioco di parole è: (che) peccato – (che) peccato – pietà. Questa scansione, il ribaltamento del significato del termine è fondamentale in quel passaggio. Inserendo la scansione pietà – pietà – pietà Fatica perde completamente questo. Certo l’Alliata perde anche lei qualcosa, è il classico passaggio “intraducibile”, ma il senso del dialogo rimane, anche se avrebbe preso un brutto voto al compitino di sopra.

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      2. Secondo me quello di Fatica non è un errore, è semplicemente una scelta traduttiva. Ha voluto privilegiare il gioco di parole, mentre Alliata ha privilegiato il senso della frase.
        Ora, ciascuno può preferire l’una o l’altra versione; personalmente, mentre leggevo la nuova traduzione, ho apprezzato la resa di Fatica, ma è anche vero che conoscevo il passaggio in originale (grazie al film), quindi sapevo dell’esistenza del gioco di parole. La domanda a questo punto è: come reagisce il lettore-tipo della traduzione, che l’originale NON lo conosce? Ecco, forse dovremmo chiederci questo. E a quel punto, in effetti, la scelta traduttiva migliore è probabilmente quella di Alliata, che veicola in maniera più efficace e immediata lo stato d’animo di Frodo.

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      3. E io conosco decine di persone che non solo hanno comprato il libro e non solo l’hanno letto, ma anche – sorpresa delle sorprese! – l’hanno apprezzato nonostante la presenza degli errori e sviste. Che argomento è?? Per quanto riguarda “il problema” della traduzione di Fatica, non solo vedo nessun problema, ma ritengo che ha tradotto il passaggio bene. Il resto ho spiegato nel mio commento precedente, non penso che c’è bisogno di ripetere le stesse cose.

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  11. il mio non è un “argomento” con cui voglio dimostrare alcunché. è un “aneddoto” che al massimo mostra che almeno una persona (oltre a me) considera la… possiamo almeno chiamarla “traduzione molto libera” di Fatica, peggiore della scelta che per lo stesso passo aveva fatto l’Alliata.
    Non mi stupisce che ci siano persone a cui piace la nuova traduzione, in un certo senso ognuno si sceglie l’orsetto che preferisce. Mi stupisce un po’ il loro numero, o meglio non il numero assoluto, ma che tu le conosci… io un po’ addentro al mondo dei tolkieniani italiani lo sono, o credevo di esserlo, ma non posso certo dire di conoscerne 20 che l’hanno comprato il libro. Se sei così addentro e così “social”, facile che ci siamo anche incontrati a questo o quell’evento.
    In ogni caso: pace e anche per me la questione finisce qui.

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    1. Anche se con molto ritardo, mi permetto di dire qualcosa prima di chiudere l’argomento. È chiaro che le preferenze per l’una o per l’altra traduzione sono soggettive, e tutte ugualmente legittime; ma restano comunque due fatti da tenere in conto.
      Primo, nella versione originale l’allusione di Frodo alla pietà è del tutto accidentale, perché quando dice “pity” lui intende “peccato”, non “pietà”. È un po’ come se in italiano io dicessi “col pendolo”: non sto coniugando al gerundio il verbo “colpire”, legandoci il pronome “lo”, anche se qualcuno che mi ascolta potrebbe pensarla così… Sto associando la preposizione articolata “col” al sostantivo “pendolo”.
      Secondo, indipendentemente dalle suggestioni che può suscitare la parola “pietà” contenuta nell’esclamazione di Frodo, magari facendo credere a chi legge che per lui uccidere Gollum sia un atto di pietà (io, ad esempio, NON l’ho percepita così), in italiano “per pietà” si usa nelle suppliche e nelle richieste d’aiuto. In originale Frodo non sta supplicando, né chiedendo aiuto.

      Sono sfumature, non credo che facciano la differenza tra una buona traduzione e una cattiva traduzione. Ad ogni modo, sia Alliata che Fatica hanno operato un compromesso, pur scegliendo direzioni diverse. Non si potrà parlare di problema nella traduzione di Fatica, ma di compromesso sì, eccome.

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